Regime forfettario, per le modifiche va applicato lo Statuto
Il dibattito sulla decorrenza delle nuove condizioni di accesso o permanenza nel regime della flat tax per le partite Iva si è particolarmente acceso nelle ultime settimane.
La legge di Bilancio 2020 prevede l’immediata fuoriuscita dal regime per coloro che, nel 2019, hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti i 30mila euro o che hanno sostenuto spese per il personale dipendente per oltre 20mila euro.
Secondo un certo orientamento, condiviso da ultimo anche dal sottosegretario all’Economia, Maria Cecilia Guerra, durante il convegno dell’Associazione nazionale commercialisti (Anc) tenutosi lo scorso 23 gennaio, la tesi dell’immediata fuoriuscita dal regime forfettario troverebbe un precedente nella legge di Stabilità 2016. In quell’occasione, infatti, era stata prevista l’esclusione già nel 2016 delle partite Iva con redditi di lavoro dipendente e assimilati percepiti nel 2015 superiori a 30mila euro (si veda anche la circolare 10 del 2016 delle Entrate).
La fattispecie, tuttavia, appare radicalmente diversa da quella odierna, se non addirittura antitetica. A ben vedere, la legge di Stabilità 2015, che ha introdotto l’attuale regime forfettario, stabiliva anche, come requisiti di accesso, la prevalenza nell’anno precedente dei redditi d’impresa, d’arte o professione rispetto ai redditi di lavoro dipendente e assimilati, salvo il caso in cui il cumulo di tutti questi redditi non fosse stato maggiore di 20mila euro.
Un anno dopo, la legge di Stabilità 2016 innalzò i limiti dei ricavi o compensi e sostituì i suddetti requisiti con il tetto dei 30mila euro per i redditi di lavoro dipendente e assimilati. Ciò determinò un allargamento della platea dei contribuenti beneficiari del regime e non – come invece avviene ora – un suo restringimento (si rinvia sul punto anche alla relazione Illustrativa al disegno di legge di Stabilità 2016).
Per fare un esempio, nel 2015 era escluso dal regime un professionista che nel 2014 aveva percepito 10mila euro di redditi di lavoro autonomo e 12mila euro di redditi di lavoro dipendente per superamento della soglia di 20mila euro. Con la legge di Stabilità 2016, invece, lo stesso professionista poteva di nuovo accedervi mantenendo gli stessi redditi.
Di fatto, l’immediata introduzione del limite di 30mila euro per i redditi di lavoro dipendente e assimilati è stata un beneficio, non una penalizzazione.
Non appare pertanto condivisibile l’orientamento volto a introdurre questi paletti fin dal 2020, il quale sembra dettato più da esigenze di gettito.
Per contro, appare condivisibile la diversa opinione secondo cui le nuove clausole ostative dovrebbero scattare dal 2021, con test sulla soglia dei 30mila euro dal 2020.
Tale interpretazione è infatti conforme allo Statuto dei diritti del contribuente, in base al quale non possono essere imposti nuovi adempimenti fiscali prima di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge che li ha previsti.
Chiaramente, in questo caso, i non banali obblighi dal 1° gennaio relativi alla tenuta della contabilità e alla fatturazione elettronica, a carico di chi è stato escluso dal forfait solo qualche giorno prima, si pongono in aperto contrasto con tale principio.
Infine, la stessa agenzia delle Entrate (circolare 9 del 2019), a commento della legge di Bilancio 2019, seguendo il medesimo principio aveva chiarito che la nuova causa di esclusione legata alle partecipazioni di controllo nelle Srl sarebbe stata applicabile dal 2020, qualora non fosse stata rimossa entro la fine del 2019.