Diritto

Ristrutturazione debiti, l’accesso del fideiussore è ancora un rebus

Il Codice della crisi non ha chiarito se può essere considerato un consumatore

di Niccolò Nisivoccia e Andrea Colnaghi

Può il fideiussore essere considerato consumatore e come tale accedere alla procedura di sovraindebitamento riservata ai soli consumatori, vale a dire alla ristrutturazione dei debiti? La questione non viene risolta espressamente dal Codice della crisi, e quindi potrebbe apparire ragionevole considerarla ancora aperta al dibattito esattamente come lo era prima.

Secondo un primo orientamento, riconducibile alla tesi del cosiddetto imprenditore o professionista “di rimbalzo”, o “di riflesso”, la natura imprenditoriale o professionale del debitore garantito conferirebbe automaticamente un’identica natura anche al garante, escludendolo in tal modo dall’accesso alla procedura. Secondo questo orientamento, in altre parole, tutto dipenderebbe dalla natura dei debiti del soggetto garantito: se tali debiti fossero stati contratti per far fronte a scopi imprenditoriali o professionali, il fideiussore per definizione andrebbe considerato imprenditore o professionista a sua volta, indipendentemente da qualunque altra considerazione.

Un secondo orientamento, ispirato alla tesi cosiddetta funzionalistica, sostiene invece che il fideiussore potrebbe sempre accedere alla procedura riservata ai consumatori, al di là della natura dei debiti garantiti, semplicemente a patto di aver prestato la garanzia per ragioni estranee a qualsiasi attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Quello che conta, secondo questo orientamento, è verificare per quale scopo i debiti siano stati contratti non dal debitore garantito, ma dal garante.

La giurisprudenza antecedente al Codice della crisi era divisa fra l’uno e l’altro di questi orientamenti. Il Tribunale di Milano, ad esempio, in un caso del 2015 riguardante un soggetto il cui indebitamento derivava in larga parte da una fideiussione prestata a favore di una società della quale quel soggetto era stato fino a poco tempo prima sia unico socio che unico amministratore, aveva ritenuto inammissibile la domanda dando atto di voler accedere alla tesi “del rimbalzo”.

E nello stesso senso si era pronunciato il Tribunale di Bergamo in un caso del 2014, riguardante un soggetto la cui esposizione debitoria era quasi interamente derivante dall’escussione delle garanzie che quel soggetto aveva prestato a favore di una società di cui era socio al 50 per cento.

Ma la tesi funzionalistica era stata fatta propria, infine, dalla Corte di cassazione, la quale nel 2016 aveva affermato il principio secondo cui deve poter accedere alla procedura riservata ai consumatori anche «il debitore persona fisica che risulti aver contratto obbligazioni per far fronte ad esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, dunque anche a favore di terzi».

E non solo: pochi mesi prima anche la Corte di Giustizia europea, i cui precedenti erano stati sempre invocati dai sostenitori della tesi “del rimbalzo”, aveva superato la prospettiva precedente, che attribuiva una rilevanza decisiva alla natura accessoria della garanzia rispetto al contratto principale, affermando che, per quanto il contratto di garanzia costituisca senz’altro un contratto accessorio rispetto al contratto principale, dal punto di vista soggettivo rimane comunque un contratto autonomo – ed è rispetto alle parti del contratto di garanzia, non a quelle del contratto principale, che dev’essere valutata la qualità in cui il garante abbia agito nella singola fattispecie.

Nella sostanza, tanto il provvedimento della Cassazione quanto quello della Corte europea contenevano l’invito ad applicare una giustizia del caso concreto; ed è un invito al quale la giurisprudenza si è poi perlopiù conformata. È un invito molto condivisibile, che quindi è auspicabile possa continuare a trovare applicazione.

A ben vedere, anche molti dei casi nei quali il fideiussore era stato escluso dalla procedura, in passato, avrebbero potuto essere risolti nello stesso modo anche senza ricorrere ai formalismi del “rimbalzo”: come ad esempio proprio nei casi di quei due provvedimenti di Milano e di Bergamo, nei quali i soggetti che avevano chiesto di accedere alla procedura avevano tutte le caratteristiche per poter essere considerati imprenditori in proprio.

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