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Rivalutazione solo civilistica: un sostegno al patrimonio netto a costo zero (per il Fisco)

Gli interessi erariali sarebbero tutelati perché i disallineamenti emergerebbero nel quadro RV di Redditi


Il Dl 23/2020 è intervenuto con una serie di misure mirate a sterilizzare o quanto meno a calmierare, gli effetti delle perdite derivanti dagli effetti della pandemia di coronavirus sui conti economici dei bilanci delle imprese del 2020. In questo contesto vale la pena di considerare che un ulteriore aiuto in questa operazione di soccorso, potrebbe arrivare da qualsiasi misura che, a costo zero, possa consentire alle imprese di rimpolpare il proprio patrimonio netto che costituisce l'ammortizzatore per definizione delle perdite di esercizio. E una delle misure più efficaci per raggiungere questo obiettivo, è quella della rivalutazione dei beni d’impresa.

Attualmente una misura che consente il raggiungimento di questo obbiettivo esiste già ed è stata disciplinata dalla legge di Bilancio 2020. Si tratta di una rivalutazione “classica”, che sconta regole applicative pensate per imprese in normali condizioni di attività e per questo piuttosto rigide quali, ad esempio, l’utilizzabilità per i soli beni materiali ed immateriali e l’obbligo di rivalutare tutti i beni rientranti nelle stesse categorie omogenee. Si tratta di una rivalutazione mirata principalmente agli effetti fiscali della stessa, tanto è vero che, secondo le Entrate (circolare 14/E/2017), sconta l’obbligo di essere necessariamente fiscalmente rilevante con conseguenti oneri che, per quanto da quest’anno leggermente ridotti rispetto alle edizioni precedenti e rateizzabili, non sono secondari, anche laddove si dovesse decidere di non affrancare il saldo attivo di rivalutazione.

Un intervento minimale potrebbe essere anche meramente interpretativo dato il fatto che la chiusura delle Entrate alla esecuzione di una rivalutazione meramente civilistica presta il fianco a più di una critica. Ma venendo al piano normativo i tempi potrebbero essere maturi per sdoganare (finalmente) una rivalutazione anche solo civilistica, eliminando i vincoli accennati in precedenza.

Una rivalutazione senza oneri anche dei singoli beni, ad esempio, consentirebbe di dare evidenza ai maggiori valori degli asset senza porsi il problema della categoria di appartenenza, cosa che, soprattutto per gli immobili, spesso costituisce un problema rilevante. Inoltre si potrebbe estendere il campo rimuovendo l’ostacolo del vincolo dell’iscrizione del bene nel bilancio dell’esercizio precedente a quello in cui la rivalutazione viene effettuata, consentendo così la rivalutazione anche dei beni riscattati dai leasing in corso d’anno. Per la rivalutazione (o l’iscrizione) degli avviamenti, occorre invece superare l’ostacolo posto dall’articolo 2426 del Codice civile che vincola l’iscrizione di queste immaterialità, all’avvenuto acquisto a titolo oneroso. Ma, valutata la situazione eccezionale in cui ci troviamo, anche questo dogma potrebbe essere in qualche modo superato, come è accaduto per altre disposizioni che sembravano invalicabili (la disapplicazione transitoria degli articoli 2446 e 2447 del Codice civile disposta dal Dl 23/2020 ne è la dimostrazione tangibile).

In una rivalutazione solo civilistica, peraltro, gli interessi del Fisco sarebbero comunque pienamente tutelati. Avendo le rivalutazioni effetti solo sul bilancio, tutto, fiscalmente, proseguirebbe per le vie normali grazie al monitoraggio dei disallineamenti, nel quadro RV della dichiarazione dei redditi.

Più complessa, infine, appare la possibilità di aprire all’emersione dei maggiori valori delle rimanenze di magazzino (l’applicazione del Lifo, per talune attività, comporta spesso l’indicazione contabile di valori di giacenze più bassi rispetto a quelli che potrebbero risultare utilizzando altri metodi civilistici di valutazione). La necessità però di sterilizzare sul piano fiscale, i maggiori valori contabili emersi nel momento in cui i beni venissero ceduti, pone, oltre che alcune difficoltà tecniche, anche problemi pratici difficilmente superabili. Salvo, in questi casi, pensare ad una tassazione forfettaria dei maggiori valori iscritti sulle rimanenze, come in passato era accaduto per le «regolarizzazioni delle scritture contabili».