Controlli e liti

Rottamazione delle cartelle, la domanda estingue la lite con compensazione delle spese

di Roberto Bianchi

Il deposito della domanda di definizione agevolata dei ruoli ex articolo 6 del Dl 193/2016 è in grado di “risolvere” il contenzioso pendente non essendo richiesto il perfezionamento della definizione medesima, in concomitanza della coincidenza tra il debito vantato dell’ente impositore e quello rivendicato dal concessionario della riscossione. Tale concetto trova conferma all’interno dell’ordinanza 5497 del 3 marzo 2017 attraverso la quale la Corte di cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio e la compensazione delle spese in base all’articolo 92 del Codice di procedura civile.

A un contribuente era stata notificata, in merito al 2006, una rettifica in aumento del relativo reddito, scaturente dall’acquisto di un’autovettura.

Le Commissioni tributarie hanno respinto le richieste provenienti dal contribuente in quanto le motivazioni presentate - mancata considerazione dei precedenti quattro anni di imposta in regola e coerenti e difetto di motivazione - in entrambe le circostanze, non venivano tenute in considerazione dai giudici di merito. Nel dettaglio, al termine del giudizio d’appello, i giudici hanno considerato fondata la presunzione di maggior reddito argomentata dall’Ufficio in considerazione della circostanza che il contribuente non è stato in grado di fornire la prova contraria sul fatto, ex articolo 2697 del Codice civile, in merito a una presunzione semplice ex articolo 2729 del Codice corroborata dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza della quale l’onere probatorio sui fatti costitutivi, posti a fondamento della pretesa, incombe sull’Ufficio.

Il provvedimento emesso dalla Ctr è stato impugnato dal contribuente di fronte alla Cassazione, sulla base delle due motivazioni menzionate.

Tuttavia il contribuente, in prossimità della data fissata per l’udienza presso la Cassazione, ha comunicato ai giudici che, nel corso del dicembre 2016, aveva depositato la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata nelle modalità e nei termini disciplinati dal decreto sulla rottamazione, relativamente all’importo in discussione iscritto integralmente a ruolo nel rispetto di quanto disposto dalla lettera c) del comma 1 dell’articolo 68 del Dlgs 546/1992, asserendo contestualmente di non aver più alcun interesse alla coltivazione del contenzioso essendo venuta meno la ragione del contendere.

Di conseguenza il ricorrente ha chiesto la declaratoria di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, con compensazione integrale delle relative spese ex articolo 46 del Dlgs 546/1992, rinunciando di conseguenza agli atti relativi all’ultimo grado del giudizio.

La Suprema Corte, acquisiti gli elementi rappresentati dalla parte ricorrente, ha ritenuto sussistenti le ragioni necessarie per disporre la compensazione delle spese, in base all’articolo 92 del Codice di procedura civile, essendo la rinuncia inerente alla procedura di dichiarazione di adesione alla definizione agevolata prevista dall’articolo 6 del Dl 193/2016.

La decisione assunta dai giudici di legittimità, tuttavia, non risulta essere coerente con quanto affermato dall’agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco e nella circolare 2/E/2017. L’Agenzia ha chiarito che, sebbene l’Ufficio non abbia alcun motivo di opporsi alla richiesta di rinvio dell’udienza, fatta salva l’ipotesi di presentazione di istanze meramente dilatorie, l’impegno a rinunciare ai giudizi non corrisponde strettamente alla rinuncia al ricorso di cui all’articolo 44 del Dlgs 546/1992 (estinzione del processo per rinuncia al ricorso) in quanto «ciò che assume rilevanza sostanziale ed oggettiva è il perfezionamento della definizione agevolata mediante il tempestivo ed integrale versamento del complessivo importo dovuto. La definizione rileva negli eventuali giudizi pendenti in cui sono parti l’agente della riscossione o l’ente creditore o entrambi facendo cessare integralmente la materia del contendere qualora il carico definito riguardi l’intera pretesa oggetto di controversia».

L’ordinanza n. 5497/2017 della Cassazione

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