Società cooperative, rebus dell’accesso al fondo perduto
Il contributo non è consentito alle cosiddette «imprese in difficoltà». Ecco i riflessi sul modello cooperativo
Le misure di sostegno alle imprese del governo per contrastare gli effetti dell’emergenza Covid-19 scontano i limiti fissati dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia, varato il 19 marzo dalla Commissione europea.
Relativamente alla disciplina degli aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili e agevolazioni fiscali, quindi, occorre osservare le limitazioni dettate: posto che i benefici ricevuti da ogni singolo soggetto non possono superare 800mila euro, va rimarcato che l’accesso a tali misure viene precluso alle imprese che al 31 dicembre 2019 si trovavano in una condizione di «difficoltà», secondo l’accezione delineata dall’articolo 2 del regolamento Ue 651/2014.
Condizione riscontrabile in presenza di almeno una delle seguenti circostanze:
● erosione di oltre la metà del capitale sociale o dei fondi propri, per le società a responsabilità limitata e le società a responsabilità illimitata, con la precisazione che, a seguito delle modifiche al temporary framework disposte il 2 luglio dalla Commissione Ue, per le microimprese e le piccole imprese tale fattispecie è divenuta irrilevante;
● sussistenza di una procedura concorsuale per insolvenza o, in ogni caso, delle relative condizioni;
● aiuti ricevuti per il salvataggio o per la ristrutturazione, ove non si sia ancora rimborsato il prestito o revocata la garanzia ovvero si sia soggetti ai relativi piani;
● per le imprese diverse dalle Pmi, presenza, negli ultimi due anni, di un indicatore debito/patrimonio netto superiore a 7,5 e di un rapporto Ebitda/interessi inferiore a 1.
Pertanto, l’accesso a benefici come il contributo a fondo perduto non è consentito alle cosiddette «imprese in difficoltà». Si tratta di una questione di assoluta rilevanza, che assume particolari risvolti riguardo al modello cooperativo. Infatti, nell’ambito della cooperazione, la variabilità del capitale sociale rappresenta un elemento essenziale e caratterizzante, tanto che la disciplina civilistica dettata sul capitale degli enti cooperativi si discosta nettamente da quella prevista per le società di capitali: mentre per queste ultime assume rilevanza la mera riduzione del capitale sociale perché si inneschino i meccanismi di protezione imposti dal legislatore (articoli 2446 e 2447 del Codice civile), per le cooperative occorre fare riferimento alla perdita dell’intero capitale (così come disposto dall’2545-duodecies).
Appare, quindi, difficilmente applicabile alle società cooperative un criterio che possa portare a definirle «imprese in difficoltà» in seguito alla perdita di oltre il 50% del capitale sociale. A maggior ragione considerando che, per individuare le forme societarie «a responsabilità limitata», il regolamento 651/2014 rimanda all’elenco contenuto nell’allegato I della direttiva Ue 34/2013, che per l’Italia comprende esclusivamente spa, sapa e srl, laddove la medesima fonte non omette di includere le cooperative disciplinate nell’ordinamento di altri paesi.
Di conseguenza deve ritenersi che l’estensione alle società cooperative della definizione di «impresa in crisi» per perdita di oltre metà del capitale, così come disposta per srl e spa, debba passare dalla verifica di compatibilità prevista dall’articolo 2519 del Codice civile: compatibilità difficilmente riscontrabile in considerazione del regime del capitale intrinseco a tali enti. A meno di non voler considerare integrata la fattispecie de quo con la perdita dell’intero capitale sociale.