Diritto

Società madre-figlia, per la Cassazione sì all’esenzione sui dividendi

Nuovo pronunciamento della Suprema Corte, questa volta in senso favorevole a evitare la doppia imposizione

Imagoeconomica

di Francesco Avella

Nella sentenza n. 2313 del 31 gennaio 2020, la Corte di cassazione statuisce che l’esenzione da ritenuta sui dividendi corrisposti da società figlie italiane a società madri europee – prevista dall’articolo 27-bis del Dpr 600/1973 in attuazione della della cosiddetta direttiva madre-figlia 90/435/Cee del Consiglio del 23 luglio 1990, ad oggi rifusa nella direttiva 2011/96/Ue del Consiglio del 30 novembre 2011 – è funzionale ad eliminare non soltanto la doppia imposizione giuridica ma anche la doppia imposizione economica e, pertanto, spetta anche laddove «la società madre non ha pagato imposte» nel suo Stato membro di residenza.

La sentenza
La pronuncia è sorprendente perché pochi mesi fa, con sentenza n. 25490 del 10 ottobre 2019, la Cassazione aveva affermato che non è censurabile la sentenza di merito che abbia ritenuto essenziale, per ammettere l’esenzione da ritenuta sui dividendi ex art. 27-bis del Dpr 600/1973, il pagamento da parte della società madre europea di imposte sui dividendi ad essa corrisposti dalla società figlia italiana. Tale posizione era stata immediatamente oggetto di critiche, perché contraria allo spirito stesso della direttiva madre-figlia.
Nella più recente sentenza 2313 del 2020 la Suprema Corte trae in particolare spunto da una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (causa C-398/18, Brussels Securities, del 19 dicembre 2019) in cui viene ribadito lo scopo della direttiva madre-figlia di eliminare «una doppia imposizione di utili, in termini economici, vale a dire ad evitare che gli utili distribuiti siano colpiti, una prima volta , a carico della società figlia, e, una seconda volta, a carico della società madre».

Il nodo doppia imposizione
Ebbene, in tal senso l’applicazione di una ritenuta sui dividendi è di per sé idonea a generare una doppia imposizione economica, motivo per cui diviene del tutto irrilevante accertare se la società madre europea abbia pagato imposte sui dividendi nel suo Stato membro di residenza. E, laddove non ne abbia pagate, diviene irrilevante se ciò sia avvenuto per la concessione nello Stato della società madre di un credito d’imposta indiretto (cd. underlying tax credit) come nel caso della sentenza 2313 del 2020 (che riguardava il Regno Unito), ovvero di una esenzione sui dividendi in applicazione della normativa sulla participation exemption come nel caso della sentenza 25490 del 2019 (che riguardava il Lussemburgo).

Il precedente nella prassi italiana
Il nuovo orientamento adottato dalla Corte di cassazione pare inoltre rispondente alla posizione assunta dall’agenzia delle Entrate nella risposta all’istanza di interpello n. 57 del 15 febbraio 2019, ove l’Agenzia ha riconosciuto la bontà dei regimi di participation exemption esteri applicati ai dividendi, in quanto aventi ratio legis analoga alla participation exemption italiana sui dividendi, in un caso di società madre svizzera che aveva rinunciato formalmente al regime delle società holding e invocava, sui dividendi distribuiti in suo favore da una società figlia italiana, i benefici dell’accordo del 26 ottobre 2004 tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera che stabilisce misure equivalenti a quelle della direttiva madre-figlia (art. 15 dell’Accordo originale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue del 29 dicembre 2004; art. 9 a seguito del Protocollo di modifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue del 19 dicembre 2015).

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