Solo annullabile la donazione del bene in comune fatta soltanto dal coniuge
Non nulla, ma solamente annullabile, la donazione di un immobile compreso nel regime di comunione legale dei beni, effettuata da un solo dei coniugi, senza il consenso dell'altro coniuge; non nulla, ma solamente impugnabile, la donazione che sia lesiva dei diritti degli eredi legittimari.
È quanto deciso dalla Cassazione con l’ordinanza 21503 del 31 agosto 2018.
L’articolo 184 del Codice civile dispone che gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati, sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili registrati (e cioè gli autoveicoli, gli aeroplani e le imbarcazioni). L’azione di annullamento può essere proposta dal coniuge il cui consenso è mancato (o dai suoi eredi) entro un anno dalla data in cui si è avuta conoscenza dell’atto e, in ogni caso, entro un anno dalla data di trascrizione.
Si tratta di una norma che, in effetti, si fa facilmente interpretare; questa facilità di interpretazione potrebbe però esser resa difficoltosa per la considerazione che la Cassazione, con un’assai nota – e contestata – pronuncia (la sentenza n. 5068/2016) ha sancito la nullità, per mancanza di causa, della donazione di un bene che non sia di proprietà del donante e, di conseguenza, la nullità della donazione effettuata dal comproprietario e avente come oggetto la quota indivisa di uno dei beni che facciano parte di un patrimonio in comunione.
Ad esempio, se in una comunione alla quale Tizio partecipa per la quota del 25 per cento (la cosiddetta “quotona”, così definita nel gergo quotidiano degli operatori giuridici) ci sono cinque immobili, Tizio non può donare la quota del 25 per cento di uno di detti immobili (la cosiddetta “quotina”) in quanto, anteriormente alla divisione, non si può sapere se la “quotina” di quel bene (oppure quel bene nella sua interezza) sarà oggetto di assegnazione a Tizio mediante la divisione della comunione.
Se, pertanto, Tizio dona la quotina, la donazione ha per oggetto un bene che non gli appartiene e, quindi, la donazione – appunto per mancanza di causa – sarebbe nulla (a meno che, dice la Cassazione nella sentenza 5068, nell’atto di donazione si affermi espressamente che il donante è consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio).
Nella sentenza n. 21503/2018 la Cassazione sgombra però decisamente il campo da ogni perplessità circa l’interferenza della sentenza n. 5068 con la donazione del bene comune effettuata da uno solo dei coniugi, affermando che il principio generale circa la nullità della donazione della “quotina” non si applica nel caso della donazione, effettuata da uno solo dei coniugi, del bene che sia parte del patrimonio assoggettato al regime di comunione legale dei beni. E ciò per la ragione che, per questo caso, la legge dispone, con il predetto articolo 184 del Codice civile, un rimedio specifico, e cioè l’azione di annullamento esperibile nel termine annuale dall’altro coniuge o dai suoi eredi.
Nel contesto di questa decisione, la Cassazione coglie anche l’occasione per ribadire il tradizionale principio in base al quale la donazione che sia lesiva dei diritti dei legittimari (cioè di quegli stretti familiari che hanno diritto di ottenere la quota di legittima nell’eredità del donante) non è nulla ma è “solo” impugnabile con una specifica azione in giudizio, denominata “azione di riduzione”, la quale è esperibile, dopo la morte del donante, fino allo spirare del termine di prescrizione decennale decorrente dal decesso del de cuius.