Controlli e liti

Solo il vizio proprio porta all’inammissibilità del ricorso

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di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Va dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo contro l’ingiunzione fiscale, relativa a tributi locali, se il contribuente solleva vizi relativi all’accertamento presupposto oramai resosi definitivo per mancata impugnazione. Questo perché l’ingiunzione è atto liquidatorio fondato su un credito certo, liquido ed esigibile e il contribuente non può più contrastare il “merito” della pretesa, né tanto meno contestare il difetto di motivazione richiamando la normativa sulle imposte dirette. Così la Ctp Como, sentenza n. 139/3/2018 , (Presidente Febbraro, Relatore Ortone).


La decisione

L’ingiunzione fiscale è stata emanata ai sensi dell’articolo 2 del Regio Decreto 639 del 1910 e si basa su accertamento relativo a imposta sulla pubblicità non impugnato entro il termine di sessanta giorni quindi il contribuente può sollevare solo vizi propri dell’ingiunzione fiscale senza poter più entrare nel merito della pretesa tributaria che avrebbe dovuto essere rivolta contro l’accertamento ormai non più impugnabile perché divenuto definitivo.
Né può esistere il difetto di motivazione dell’accertamento fiscale avanzata ai sensi dell’articolo 42 del Dpr 600 del 1973, perché tale norma disciplina solamente la motivazione dell’accertamento, relativo alle imposte dirette, che è atto diverso dall’ingiunzione oggetto di impugnazione.


La vicenda

Una società che si occupa della riscossione di tributi locali notifica nel maggio 2017 a una Snc ingiunzione fiscale relativa a imposta sulla pubblicità per l’anno 2014 per 454 euro. La contribuente si oppone e rileva che il presupposto per l’imposta non sussiste come accertato, relativamente al periodo d’imposta 2013, con sentenza depositata nel 2014 e che analoga decisione era già stata presa con riferimento al periodo d’imposta 2015 – sentenza depositata nel 2016. Ma la resistente società concessionaria resiste: il ricorso non può trovare accoglimento atteso che l’ingiunzione si basa su accertamento notificato e non impugnato, ragion per cui il contribuente non può sollevare eccezioni di merito della pretesa impositiva.


Le considerazioni

Vizi propri in senso stretto e vizi propri in senso lato. Va posta la massima attenzione al “vizio proprio” dell’atto impugnato, che può essere in senso stretto (vizio proprio dell’atto stesso), o vizio proprio in senso lato (vizio proprio dell’atto atto presupposto perché non notificato). Nel caso esaminato, il ricorrente non ha eccepito alcun vizio proprio in senso stretto. Avrebbe potuto esserlo quello relativo al difetto di motivazione se l’avesse intanto rivolto contro l’ingiunzione, e, comunque, facendo riferimento ad una norma di legge relativa alle imposte sui redditi (articolo 42 del Dpr 600 del 1973), ma ad una normativa generale (ad esempio, il comma 3 dell’articolo 3 della legge 241 del 1990, ovvero il comma 3 dell’articolo 7 della legge 212 del 2000).
Il vizio in senso lato è quello che non è contemplato dalla norma, ma lo si ricava dalla sequela degli atti infraprocedimentale, quando si va ad eccepire l’omessa notificazione dell’atto presupposto. Anche se il riferimento normativo lo si trova tra le righe nel comma 3, articolo 19 del Dlgs 546 del 1992 (vedi infra). Ad esempio, se nel caso di specie il contribuente avesse eccepito l’omessa notificazione dell’accertamento dell’imposta sulla pubblicità, il quale non avrebbe potuto trasformarsi in atto definitivo, e così costituire il fondamento per la formazione della derivata ingiunzione di pagamento.

Il comportamento processuale da tenere. La normativa processuale tributaria permette al comma 3 dell’articolo 19 di impugnare con l’ultimo atto anche l’omessa notificazione degli atti presupposti. È una facoltà non un obbligo, che va attentamente valutata. Da una parte, ciò permette di entrare “nel merito” – nel caso di specie, la valutazione dei presupposti d’imposta dell’imposta di pubblicità – ma dall’altra parte esclude la possibilità di far valere “in diritto” l’omessa notificazione dell’atto presupposto, che va venire meno anche quello derivato. Strada assai più semplice, questa, piuttosto che affrontare una questione di merito, soprattutto se controvertibile.

Ctp Como, sentenza n. 139/3/2018

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