Imposte

Stabile organizzazione, la Convenzione blinda la branch exemption

Si configurano i requisiti senza attività ausiliarie o meramente preparatorie

di Alessandro Germani

In presenza di un insediamento stabile, verificato in base ai criteri della relativa Convenzione e confermato dal Paese estero, sono integrati i requisiti per una stabile organizzazione (So) all’estero ai fini della branch exemption. Così la risposta a interpello 18/2022 delle Entrate.

Una società italiana intende espandere il proprio business all’estero ed ha quindi aperto una filiale, avendo ottenuto la licenza rilasciata dal ministero dell’Economia e del commercio, l’attribuzione del certificato fiscale e l’iscrizione nel Registro commerciale. La società è interessata a beneficiare del regime di branch exemption (articolo 168-ter del Tuir). Essa comporta la tassazione nel solo Stato dove è localizzata la Stabile ed è alternativa a quello ordinario in cui il reddito della branch è tassato prima nello Stato estero e poi in Italia con riconoscimento del credito per le imposte estere. Anche in base al provvedimento del 28 agosto 2017 si deve guardare alla Convenzione, laddove esistente. Nel caso di specie quella fra l’Italia e lo Stato estero è tarata sul modello Ocse ed è basata sui seguenti presupposti:

- esistenza della sede d’affari

- fissità spaziale e temporale della sede d’affari

- svolgimento dell’attività d’impresa della casa madre in tutto o in parte per mezzo della sede fissa d’affari.

Il primo requisito è integrato vista la disponibilità in loco di un immobile e di un magazzino. Idem il secondo, considerato che il contratto di locazione è di 13 mesi. Circa il terzo, la branch misura i cavi di alta tensione, monitora le scariche elettriche, forma il personale della società estera. Quindi non si tratta di attività ausiliaria o meramente preparatoria. Per tali motivi i requisiti per la sussistenza della stabile all’estero sono integrati e si potrà optare per la branch exemption.

In base alla risposta a interpello 17/2022, invece, una limited partnership non ha diritto ai benefici convenzionali in quanto non è persona residente nel Regno Unito, anche in base al Partnership manual pubblicato dall’Amministrazione finanziaria britannica. Tuttavia tali benefici convenzionali sui dividendi di fonte italiana possono riconoscersi in capo al Limited partner di Alfa. Ciò è stato confermato per i dividendi erogati da società residenti in Italia a fondi esteri che si qualificano come trasparenti (risoluzione 17/E/06 e 167/E/08, circolare 6/E/2016). Infatti i partecipanti a un fondo che investe in Italia possono godere del trattamento convenzionale purché gli utili di gestione siano loro imputati ai fini dell’imposizione nel rispettivo Stato di residenza. Ciò avviene sia nei casi di trasparenza fiscale (imputazione degli utili anche in assenza di percezione) sia in quelli di trasparenza economica (materiale distribuzione). Nel caso specifico si ha la prima e il beneficio convenzionale spetta al partner purché sia treaty entitled (assoggettato potenzialmente a tassazione) e sia beneficiario effettivo, con applicazione della ritenuta al 15 per cento.

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