Start up innovative, «vocazione sociale» con obblighi documentali
La qualifica richiede determinati requisiti soggettivi e oggettivi, che vanno dimostrati
Le start up a vocazione sociale (Siavs), che hanno fatto ingresso nel nostro ordinamento con il Dl 179/2012, convertito dalla legge 221/2012 (decreto “crescita 2.0”), devono rispettare determinati requisiti, sul piano soggettivo e oggettivo. Requisiti tracciati dall’articolo 25, comma 4, del provvedimento.
Sotto il profilo soggettivo, si prevede che possano assumere tale denominazione esclusivamente le start up innovative con i requisiti prescritti al secondo e terzo comma dello stesso articolo 25. Tra questi, spicca in particolare la necessaria propensione aziendale a effettuare investimenti in ricerca e sviluppo.
Sotto il profilo oggettivo, invece, la start up a vocazione sociale deve operare «in via esclusiva» nei settori indicati all’articolo 2, comma 1, del Dlgs 155/2006: si tratta dell’ambito di operatività dell’impresa sociale, la cui disciplina è stata peraltro riformulata nell’ambito della riforma del Terzo settore. Pertanto, il riferimento alla citata norma del Dlgs 155/2006 dev’essere ora effettuato all’articolo 2, comma 1, del Dlgs 112/2017.
È bene notare inoltre – come precisato dal ministero dello Sviluppo economico con la circolare del 20 gennaio 2015, n. 3677/C – che, secondo l’articolo 29, comma 7, del Dl 179/2012, ai soggetti che investono in questa particolare tipologia di start up innovativa sono riconosciuti benefici fiscali più vantaggiosi rispetto a quelli già assegnati alle persone fisiche e giuridiche che investono nelle altre tipologie di startup innovative.
Alla luce di tale maggiorazione, ha sottolineato il Mise, «si ritiene che il riconoscimento dello status di start up innovativa a vocazione sociale debba necessariamente avere evidenza pubblica attraverso la sezione speciale del Registro delle imprese, e avvenga tramite autocertificazione da presentarsi alla camera di commercio competente».
La descrizione di impatto sociale
La disciplina riservata alle Siavs, pertanto, si discosta da quella dettata per le start up innovative non soltanto per quanto riguarda l’oggetto sociale (che richiama, come visto, quello dell’impresa sociale), ma anche per l’obbligo di predisporre il “documento di descrizione di impatto sociale”.
In merito a tale adempimento, con il parere del 20 maggio 2016, n. 141336, il ministero dello Sviluppo economico ha precisato che:
● il documento va predisposto secondo specifiche linee guida dettate dal Mise e va depositato con cadenza annuale, pena la perdita dei requisiti di Siavs; dev’essere presentato alla Camera di commercio territorialmente competente, attraverso un’autocertificazione;
● attraverso questa autocertificazione il legale rappresentante della società:
- dichiara di operare in via esclusiva in uno o più settori elencati all’articolo 2, comma 1, del Dlgs 112/2017;
- indica con precisione questi settori;
- dichiara di realizzare, operando in tali settori, una finalità d’interesse generale;
- si impegna a dare evidenza dell’impatto sociale prodotto.
Qualora i requisiti prescritti vengano meno, la start up innovativa a vocazione sociale perde la qualifica “sociale”, pur restando start up innovativa ordinaria.
Studio Associato CMNP
Sistema Frizzera