Professione

Sui veicoli la deduzione si ferma al 20%

di Giorgio Gavelli

Un costo su cui il legislatore ha inteso predeterminare l’inerenza, forfettizzandola in modo da non consentire soluzioni soggettive , è quello dei veicoli di maggiore diffusione (risoluzione 190/E/2007). La partecipazione delle varie voci di spesa al reddito è disciplinata dall’articolo 164 del Tuir, norma comune tanto al reddito di lavoro autonomo quanto a quello d’impresa. Il problema è che, a seguito di ripetute limature (per motivi, essenzialmente, di mero gettito fiscale), la percentuale vigente oramai dal 2013 è assolutamente insoddisfacente e lontana dalla realtà.

In base a tale disposizione, le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore esplicitamente citati dal legislatore (ad esempio autovetture, motocicli e ciclomotori) utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni, ai fini della determinazione dei relativi redditi sono deducibili nei limiti indicati dalla lettera b), pari al 20 per cento. È, infatti, inapplicabile all’attività professionale la deduzione integrale prevista dalla lettera a), in quanto essa si ricollega ad un utilizzo dei veicoli «esclusivamente strumentale», vale a dire, secondo l’interpretazione delle Entrate, «senza i quali l’attività stessa non può essere esercitata», come accade per le auto delle imprese che effettuano noleggi o leasing (circolari 48/E/1998, 11/E/2007 e risoluzione 59/E/2007) o quelle utilizzate dalle autoscuole (circolare 11/E/2007).

Anche la deduzione maggiorata della lettera b-bis, pari al 70%, non è molto frequente nell’ambito del lavoro autonomo, riguardando veicoli acquistati del professionista e concessi in uso promiscuo (“casa e lavoro”) al dipendente, con trattenuta sullo stipendio o imposizione del benefit in busta paga.

Per cui, l’auto utilizzata dal professionista è considerata per la stragrande maggioranza «ad uso personale», mentre un esame oggettivo della realtà attesterebbe un utilizzo al servizio dell’attività decisamente prevalente.

Il coefficiente del 20%, tuttavia, sale al 50% nel caso di lavoratori autonomi in regime dei “minimi”, mentre per i contribuenti forfettari il consumo dell’auto è compreso nel plafond percentuale di deducibilità prefissato sui ricavi.

Oltre alla limitazione forfettaria, ai fini della deducibilità non si tiene conto della parte del costo di acquisizione che eccede i 18.076 euro (e cifre inferiori per ciclomotori e motocicli), ovvero dell’ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo del veicolo che eccede questo parametro (nel caso di beni assunti in locazione finanziaria), ovvero ancora dell’ammontare dei costi di locazione e di noleggio che eccede (sempre per le autovetture) i 3.615,20 euro.

Il legislatore ha precisato che nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella misura del 20% limitatamente ad un solo veicolo.

Se, invece, l’attività è svolta da società semplici o studi associati, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. In tale ipotesi, i limiti sopra ricordati sono riferiti a ciascun socio o associato. Questa precisazione ha fatto sorgere qualche contestazione nelle ipotesi in cui i singoli associati acquisiscano l’autoveicolo per uso privato, richiedendo poi all’associazione professionale il rimborso chilometrico dei viaggi documentati svolti per lo svolgimento dell’attività (si veda la scheda a fianco e Il Sole 24 Ore del 26 settembre 2016).

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