Imposte

Tolleranze elevate e conformità light: cercasi rimedio alle piccole difformità

Dopo il Dl Semplificazioni si fanno spazio altri rimedi per velocizzare i lavori edili

di Giuseppe Latour

Incremento delle tolleranze dal 2 al 5% per gli edifici più vecchi. E introduzione di un meccanismo di sanatoria agganciato alle sole regole attualmente in vigore, che metta da parte la doppia conformità.

Negli ultimi mesi l’esplosione dei lavori legati al superbonus ha sollevato con forza il problema delle piccole difformità, in ambito edilizio, tra quanto autorizzato e quanto effettivamente realizzato negli immobili. Una prima soluzione è passata dalle recenti semplificazioni in materia di 110%, a partire dalla nuova Cilas. Per il prossimo futuro, però, si sta già ponendo il problema di realizzare interventi più radicali.

Lavori vecchi e nuovi

Lo scorso 20 luglio il Senato, presso la commissione Lavori pubblici, ha avviato una serie di audizioni su un Ddl delega, incentrato proprio sul riordino delle «disposizioni legislative in materia di costruzioni». Un riordino che viaggia anche nella direzione indicata dal Pnrr.

Alla base di questo Ddl, però, c’è un testo già pronto che, non a caso, è stato citato a più riprese in commissione dalla maggioranza. Come ha spiegato Salvatore Margiotta (Pd), «il ministero delle Infrastrutture, durante il precedente Governo, aveva svolto un lavoro approfondito di rivisitazione della normativa in materia di edilizia, ma era poi mancato il veicolo normativo adatto».

Quel lavoro, ospitato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, aveva visto il coinvolgimento di ministeri, Comuni, Province, Regioni, oltre a rappresentanti di professionisti e imprese. Ora quel veicolo potrebbe essere un decreto legislativo, da approvare (con qualche correzione) proprio a valle della legge delega.

Scorrendo i 140 articoli del testo, allora, si scopre come esista già un modello concreto per intervenire sulla questione delle piccole difformità. Si tratta di irregolarità minime, presenti nella gran parte degli edifici italiani, che rischiano di rallentare tutte le attività legate all’edilizia.

Le reazioni

Sul tema delle irregolarità le soluzioni ipotizzate dalla bozza sono sostanzialmente apprezzate dall’Ance che, nel corso proprio dell’audizione sul Ddl delega, ha spiegato, attraverso il suo vicepresidente Filippo Delle Piane, come quel testo presenti «alcuni elementi positivi pensati in un’ottica di maggiore razionalizzazione, con riferimento in particolare alla parte della disciplina della regolarizzazione delle difformità».

Allo stesso tempo, però, su altri punti servirebbero miglioramenti per individuare «una proposta che affronti in una visione organica tutte le problematiche che oggi sono di ostacolo all’avvio delle politiche di miglioramento e riqualificazione del patrimonio edilizio».

Miglioramenti alla bozza servono anche per Massimo Crusi, consigliere nazionale degli architetti, secondo il quale «la revisione del Dpr 380/2001 è imprescindibile, lo è da tempo e lo è ancora di più adesso. Bisognerebbe, però, fare un salto di qualità rispetto a quel testo, immaginando una norma che non basi tutto su un’attività prescrittiva».

Mentre Armando Zambrano, coordinatore della Rete delle professioni tecniche spiega che «ci siamo accorti tutti con il superbonus che non avere affrontato i temi dell’edilizia negli anni passati ha creato un ingorgo difficile da gestire. È evidente che la riforma del Dpr 380/2001 andava fatta già da tempo. Oggi c’è un testo, che in parte è superato, ma che è comunque una base per fare questo intervento». In particolare, tra le questioni che vanno affrontate «c’è quella delle piccole difformità, che nel nostro paese sono un vero disastro».

Le tre correzioni

Tornando, allora, alle difformità, nella bozza vengono proposte tre correzioni. La prima è che «sono da considerarsi legittimamente realizzati, anche in presenza di diverse disposizioni nella regolamentazione comunale vigente all’epoca, gli interventi edilizi eseguiti ed ultimati prima del 1° settembre 1967». È la data a partire dalla quale sono stati introdotti i titoli abilitativi nel nostro sistema. Si prende, così, atto del fatto che tutto quello che è stato realizzato prima del 1967 non è più verificabile.

La seconda soluzione riguarda l’introduzione nel nostro sistema di una forma di sanatoria che consenta la legittimazione postuma delle difformità, con riferimento alla sola disciplina vigente al momento della presentazione dell’istanza.

Non servirebbe, così, più la doppia conformità, relativa sia al momento di realizzazione dei lavori che di presentazione dell’istanza di sanatoria. Il principio è che non è logico sanzionare un intervento irregolare al momento della realizzazione ma che, con le regole in vigore, potrebbe essere integralmente (e legittimamente) realizzato. Restano fuori da questa possibilità le nuove costruzioni realizzate in assenza di un titolo abilitativo: gli abusi totali che hanno comportato consumo di suolo restano insanabili.

Il terzo intervento agisce, infine, sul fronte delle tolleranze costruttive. Si tratta delle difformità tra il titolo abilitativo e quello che è stato effettivamente realizzato che vengono, per l’appunto, tollerate dalla legge. Attualmente l’asticella è fissata al 2%: un livello che sarebbe confermato anche dalla bozza di riforma del testo unico, con un’importante eccezione.

Per i titoli edilizi rilasciati in data antecedente al 17 marzo 1985 (data di entrata in vigore della legge n. 47/1985), «le leggi regionali possono considerare ammissibili percentuali di variazione superiori» al 2%, «comunque non eccedenti il 5%». In altre parole, per gli interventi più vecchi la tolleranza sale, dal momento che i sistemi di misurazione utilizzati in passato avevano un margine di errore molto maggiore.

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