Adempimenti

Transfer pricing al bivio sugli oneri documentali

Un’applicazione letterale del provvedimento sugli elaborati rischia di appesantire le informazioni richieste

di Vincenzo Zurzolo

A più di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate sulla nuova disciplina che regola gli oneri documentali sui prezzi di trasferimento, le imprese parte di gruppi multinazionali continuano a rimanere in una posizione di stallo in attesa di una circolare che chiarifichi i dubbi interpretativi emersi in fase di lavorazione ed aggiornamento del set documentale (masterfile e documentazione nazionale).

Il provvedimento – pubblicato in data 23 novembre 2020 – è stato concepito da parte dell’amministrazione italiana con l’intento principale di adeguare il set informativo sulle operazioni transfrontaliere agli standard internazionali (Ocse Beps action n. 13), soprattutto in considerazione della ormai inadeguatezza della precedente disciplina, risalente al 2010, nel fornire informazioni qualitativamente rilevanti sulla generazione di valore nei gruppi multinazionali.

Tale obiettivo, marcatamente riscontrabile nel master file (la cui struttura aggiornata prevede l’inserimento di nuove sezioni informative), in assenza di una dedicata circolare esplicativa, rischia di lasciare i contribuenti nazionali in un’area di incertezza nella predisposizione del set documentale relativo all’esercizio 2020, primo anno di applicazione della nuova normativa, che presenti i requisiti di “idoneità” al fine di beneficiare della non applicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione.

La struttura della nuova documentazione transfer pricing, secondo lo schema del provvedimento, prevede sempre due documenti:

• un master file di gruppo, all’interno del quale convogliare le informazioni generali sulla struttura, sui driver di valore e sul funzionamento del gruppo multinazionale;

• una documentazione nazionale, all’interno del quale dettagliare le informazioni rilevanti sulle operazioni infragruppo che coinvolgono l’impresa nazionale.

Master file e documentazione nazionale

Il master file è strutturato in cinque sezioni principali, a loro volta articolate in sotto-sezioni di dettaglio:

1. struttura organizzativa

2. attività svolte

3. beni immateriali del gruppo multinazionale

4. attività finanziarie infragruppo

5. rapporti finanziari del gruppo multinazionale

La documentazione nazionale è strutturata in quattro sezioni principali, a loro volta articolate in sotto-sezioni di dettaglio:

1. descrizione generale dell’entità locale

2. operazioni infragruppo

3. informazioni finanziarie

4. allegati

Le nuove sezioni

Confrontando il vecchio provvedimento del 2010 con il nuovo, risulta evidente che sia master file il documento ad aver subito la maggior parte di cambiamenti con due sezioni inserite ex novo dedicate ai beni immateriali e alle attività finanziarie del gruppo multinazionale (sezioni 3 e 4 sopra).

All’interno della sezione sui beni immateriali, la sotto-sezione 3.1 «Strategia del gruppo» prevede una descrizione generale della strategia perseguita dal gruppo sui beni in parola. A tal proposito, sarebbe utile se in circolare si fornissero indicazioni sul livello di dettaglio richiesto al fine di assicurare l’idoneità del set documentale, senza con ciò mettere a rischio il livello di sensibilità delle informazioni ivi incluse. Informazioni sulla strategia di business relativa a marchi, brevetti, formule e know-how potrebbero infatti essere difficilmente reperibili, da parte dei dipartimenti dedicati alla redazione della documentazione transfer pricing, nonché delicate e rischiose da gestire, in termini di segretezza.

Nella successiva sezione 4 «Attività finanziarie infragruppo», alla sotto-sezione 4.1 «Modalità di finanziamento», si richiede di fornire, inter alia, indicazione dei principali contratti di finanziamento con finanziatori indipendenti. A tal riguardo, si ritiene che in circolare dovrebbero essere forniti dettagli:

1. sul perimetro dell’analisi (e.g. contratti stipulati dalla capogruppo, dall’eventuale società di tesoreria accentrata o, in estremo, da tutte le società parte del gruppo multinazionale);

2. e sui criteri per definire la materialità dei contratti (e.g. contratti di finanziamento di ammontare superiore ad una determinata soglia percentuale sul totale dei finanziamenti accesi dal gruppo). Tali problematiche risultano particolarmente rilevanti per gruppi di grandi dimensioni e con una gestione della funzione di tesoreria decentrata.

Nella successiva sezione 5 «Rapporti finanziari del gruppo multinazionale», alla sotto-sezione 5.2 «Accordi relativi a operazioni finanziarie», il provvedimento richiede di fornire un elenco e una breve descrizione degli «accordi preventivi sui prezzi di trasferimento» (Apa) e dei «ruling preventivi transfrontalieri» sottoscritti con, o rilasciati dalle, amministrazioni fiscali dei Paesi in cui il gruppo opera. Al riguardo, si ritiene che l’inclusione di tali informazioni possa comportare per la società italiana problematiche di violazione delle clausole di confidenzialità nei confronti delle amministrazioni estere firmatarie degli accordi medesimi. Le società nazionali che volessero, quindi, adempiere alla richiesta informativa da parte dell’Amministrazione italiana, senza con ciò incorrere nella violazione degli accordi citati, dovrebbero pertanto avviare delle complesse e verosimilmente non celeri richieste alle competenti amministrazioni estere (problema analogo verrebbe posto dall’allegato 2 alla documentazione nazionale «Copia degli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento»).

Le possibili insidie della documentazione nazionale

Dall’altro lato, il file di documentazione nazionale, seppur meno modificato, nasconde altrettante insidie per i contribuenti italiani.

A titolo esemplificativo, la sezione 1 «Descrizione generale dell’entità locale», alla sotto-sezione 1.1 «Struttura operativa» richiede l’organigramma e l’indicazione degli individui ai quali le funzioni direttive locali devono riportare. A tal proposito, si ritiene che la circolare dovrebbe fornire chiarimenti sul livello sul livello di dettaglio informativo da fornire sulla base dell’organigramma esistente (e.g. prime linee manageriali, seconde linee) e sulla data alla quale fornire tale informazione – particolare non irrilevante per società multinazionali che registrano di frequente riorganizzazioni funzionali in corso d’anno.Nell’ambito del file di documentazione nazionale, la parte certamente più corposa è quella che riguarda le «Operazioni infragruppo».

All’interno di tale sezione, il provvedimento sembra aver duplicato alcune delle informazioni richieste ai contribuenti. A titolo esemplificativo, nella sotto-sezione «Descrizione delle operazioni», viene richiesto che «Qualora medesime o analoghe operazioni [a quelle infragruppo] fossero realizzate nei confronti di soggetti indipendenti, dovrà parimenti esserne fornita esplicita indicazione» mentre alla successiva lettera c) «Operazioni comparabili indipendenti», si richiede al contribuente di fornire «l’elenco e la descrizione delle eventuali operazioni ritenute comparabili e degli eventuali indicatori finanziari di imprese indipendenti […]» creando un evidente difformità tra operazioni analoghe e operazioni comparabili.

A tal proposito, appare che tale richiesta sia stata erroneamente inserita nella sezione in parola (Descrizione delle operazioni), che a logica dovrebbe riportate tutti gli elementi descrittivi necessari a qualificare unicamente le operazioni infragruppo in essere, non anche le operazioni comparabili utilizzate nell’applicazione della metodologia selezionata.

Inoltre, tale richiesta all’interno della sezione «Descrizione delle operazioni» rischia di duplicare un’informazione che dallo sviluppo e dalla strutturazione del file di documentazione nazionale verrebbe già riportata nella successiva sezione 2.1.3 «Metodo adottato per la determinazione dei prezzi di trasferimento delle operazioni», lettera b) «Criteri di applicazione del metodo prescelto». Da un lato, quindi, anticipare i dettagli informativi sulle operazioni comparabili all’interno della sezione generale descrittiva delle operazioni infragruppo rischierebbe di creare salti logico-concettuali nel flusso descrittivo, dall’altro, una duplicazione dell’informazione determinerebbe un aggravio sul contribuente, in termini di manutenzione ed aggiornamento del file di documentazione nazionale, oltre che una notevole espansione dei volumi del file stesso.

Le informazioni finanziarie

Tuttavia è sulla successiva sezione 3 «Informazioni finanziarie» che la circolare dovrebbe fornire il maggior numero di approfondimenti e chiarimenti.

Innanzitutto, la prima sotto-sezione richiede ai contribuenti di corredare il file di documentazione nazionale con i «conti annuali delle entità locali per il periodo d’imposta in questione».

A tal riguardo, si ritiene che la circolare debba, in primo luogo, far chiarezza sul concetto di «conti annuali», specificando se con tale definizione debbano intendersi semplici prospetti economico-patrimoniali o i bilanci “statutory”. In quest’ultimo caso, si porrebbero ulteriori problematiche relative, ad esempio, alla conversione di eventuali valute estere, nonché di allineamento temporale, nel caso di società estere del gruppo con data di chiusura del bilancio non allineata rispetto alla società italiana.

Inoltre, si ritiene che la circolare debba fornire approfondimenti sul significato di «entità locali», ovvero se per tali debbano intendersi le società italiane per le quali viene predisposto il file di documentazione nazionale o le consociate estere del gruppo multinazionale e, in questa seconda ipotesi, se debbano essere riportati in documentazione nazionale i “conti annuali” di tutte le consociate o solo di quelle con cui la società italiana intrattiene relazioni commerciali / finanziarie nel corso del periodo di imposta oggetto di analisi oppure, infine, delle società selezionate come tested party ai sensi della sezione 2.1.3.

Nell’ambito della medesima sotto-sezione, il provvedimento richiede ai contribuenti di fornire, qualora disponibili, le «relazioni di certificazione rilasciate da revisori indipendenti». In questo caso, si pone un tema di fruibilità per l’Amministrazione italiana di relazioni che nella maggior parte dei casi vengono predisposte in lingua locale, a meno che non si chieda al contribuente di organizzare una traduzione in lingua italiana (o inglese) delle stesse relazioni, cosa che comporterebbe un onere eccessivo sull’operatività dei contribuenti.

Infine, sempre nella sezione «Informazioni finanziarie», il provvedimento richiede ai contribuenti di predisporre e fornire i «prospetti di informazione e di riconciliazione» dei dati finanziari utilizzati nell’applicazione del metodo selezionato con il bilancio di esercizio ovvero con altra documentazione equivalente. Al riguardo appare evidente come l’inserimento in documentazione nazionale di tali prospetti informativi rappresenti un esercizio che, nel caso di gruppi multinazionali molto strutturati ed internazionalizzati, potrebbe richiedere mesi di lavoro e risorse esclusivamente dedicate nei dipartimenti responsabili per la redazione della documentazione transfer pricing. Si ritiene pertanto che la circolare debba fare chiarezza sul punto nell’ottica di non intasare l’operatività dei contribuenti su dettagli che potrebbero essere, nel caso di rilevanza, richiesti in fase di controllo da parte degli organi competenti.

L’effetto appesantimento

In conclusione, si ritiene che l’effetto derivante da un’applicazione letterale del provvedimento sugli elaborati parte della documentazione transfer pricing rischia di essere duplice: un appesantimento del volume di informazioni richieste ai contribuenti e una farraginosità nella predisposizione e nella successiva manutenzione ed aggiornamento dei documenti da parte dei contribuenti, nelle annualità seguenti alla prima.

In mancanza di un tempestivo e opportuno chiarimento in circolare, si rischia, da un lato, di compromettere l’obiettivo stesso del provvedimento, ovvero migliorare la qualità delle informazioni a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, e, dall’altro, di creare un contesto di incertezza normativa che, di per sé, non aiuta le imprese a perseguire l’obiettivo primario per il quale sono state costituite: fare business.

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