Triangolari nazionali alla prova della Corte
La sentenza C-696/20 pone alcuni interrogativi alla disciplina domestica
Le conclusioni della sentenza Ue nella causa C-696/20 potrebbero far “vacillare” la disciplina delle triangolari nazionali ex articolo 58 del Dl 331/93, quanto meno nell’ipotesi in cui il primo cedente curi la spedizione dei beni. Certo è che, stante il tenore letterale della norma interna e le convergenti posizioni di prassi e giurisprudenza, i comportamenti dei contribuenti allineati alle disposizioni domestiche non possono essere messi in discussione.
Ma andiamo con ordine, visto che la sentenza non ha per oggetto la disposizione nazionale, bensì la trasposizione dell’articolo 41 della direttiva 2006/112 nella normativa polacca. La situazione è quella di un’operazione a catena, secondo il seguente schema: primo cedente stabilito in Polonia, promotore olandese che utilizza la propria posizione Iva polacca e cessionario finale di uno Stato Ue diverso, con merce che viaggia direttamente dal primo al terzo. Le parti coinvolte hanno erroneamente attribuito il trasporto alla seconda cessione, e applicato quindi l’Iva polacca sulla prima vendita, considerando quella successiva come una cessione intracomunitaria. Nel caso di specie, invece, è la prima operazione che andrebbe qualificata come intracomunitaria, mentre la seconda sarebbe una vendita interna al Paese di arrivo.
Secondo i giudici, l’articolo 41 della direttiva è applicabile anche se lo Stato d’identificazione dell’acquirente (il promotore) è lo stesso del primo cedente. L’acquisto intracomunitario va quindi tassato in Polonia. Non è poi possibile provare (come prevede sempre l’articolo 41, al fine di evitare la doppia tassazione) che l’imposta è stata assolta nello Stato di destinazione. La prova deve infatti essere fornita dall’acquirente/promotore in relazione alla prima cessione, mentre nel caso in oggetto è il cessionario finale ad aver assolto l’imposta a destino sulla seconda vendita.
In sintesi, in una catena del tipo Ue1 - Ue1 - Ue2, con trasporto a cura del primo cedente, è la prima cessione a esser considerata “ontologicamente” intracomunitaria (ancorché imponibile se il promotore non spende la partita Iva di uno Stato Ue diverso).
Potrebbero allora sollevarsi dubbi sulla compatibilità comunitaria dell’articolo 58 del Dl 331/1993, secondo cui la prima cessione è interna, con beneficio della non imponibilità, e la seconda intraUe.
La “tenuta” della disposizione domestica, quando il trasporto è curato dal promotore (situazione avallata dalla Cassazione; per tutte, ordinanza 34957/2021), pare invece sorretta, quanto a regole di territorialità, dall’articolo 41-ter del Dl 331/1993, per cui è la cessione eseguita dall’operatore intermedio (definito dalla norma) quella intraUe.
Resta inteso che, anche nella prima situazione (primo cedente che cura il trasporto), i comportamenti allineati all’articolo 58 non potranno essere contestati. Il legittimo affidamento si pone infatti come baluardo per le fattispecie aderenti al dato normativo e coerenti con la posizione di prassi e giurisprudenza.