Imposte

Triangolazioni all’esportazione: consegne a rischio imponibilità Iva

Il passaggio da promotori o terzisti può incidere sulla continuità dell’operazione. Eccetto le soste tecniche (e casi simili) il primo step causa un effetto interruttivo

Quando il bene oggetto di una compravendita internazionale non giunge direttamente al cliente, ma la sua movimentazione s’interrompe per qualche ragione, possono esserci conseguenze di assoluto rilievo. Ancor più se si tratta di operazioni complesse (triangolari). Occorre allora distinguere fra: “consegne” in senso proprio, che rompono l’unitarietà dell’operazione; consegne che non sono tali in ottica fiscale (“pseudo-consegne”) e quindi non hanno effetto interruttivo; vere “soste tecniche” che parimenti non incidono sulla continuità dell’operazione.

Il tema è stato affrontato nella risposta a interpello 580/2020, che esamina il caso di un’operazione triangolare in cui il primo cedente nazionale (soggetto Ue identificato Iva in Italia) invia i beni al proprio cessionario/cedente nazionale (promotore della triangolare), affinché ne esegua assemblaggio e certificazione, prima di acquistarli ai fini della rivendita al cliente finale extracomunitario. Una delle criticità è la possibilità che la consegna dei beni al promotore in territorio italiano qualifichi la prima vendita come soggetta a Iva (imponibile), anziché come cessione all’esportazione non imponibile ex articolo 8, comma 1, lettera a), Dpr 633/72.

Nel caso in esame - premesso che le clausole che regolano il trasporto e i termini di resa, nonché le altre pattuizioni, sono coerenti con la prassi e la giurisprudenza - secondo le Entrate non si configura alcuna disponibilità dei beni in capo al promotore: pertanto, l’operazione non va scomposta in una vendita imponibile Iva (dal primo cedente al promotore) e in una successiva cessione all’esportazione non imponibile (dal promotore al cliente extra-Ue).

La consegna al terzista
La fattispecie sarebbe analoga a quella affrontata dalla risoluzione 72/E/2000: la consegna al cessionario residente per l’esecuzione di test e collaudi tecnici sui beni prima della loro esportazione «non costituisce consegna in Italia» e non è quindi di ostacolo a realizzare l’operazione non imponibile.

Ma la recente risposta è più generosa rispetto alla risoluzione, dato che l’attività svolta dal cessionario/promotore (l’assemblaggio dei beni) pare implicare una “intensità” superiore all’esecuzione di semplici test di conformità. Aspetto che non pare sfuggire alle Entrate, visto che è richiamata la sentenza C-446/13 della corte di Giustizia Ue, che sottolinea come la consegna a un terzista incaricato della loro rifinitura non implichi (ancora) la cessione dei beni all’acquirente finale (trasferendone la disponibilità), perché tale consegna mira solo a rendere i beni conformi a quelli oggetto della fornitura al cessionario.

Attenzione però al diverso contesto. Nel caso della sentenza Ue, infatti, i beni erano inviati in altro Stato per l’esecuzione dei lavori e ciò determinava una diversa allocazione territoriale della loro vendita; mentre nella fattispecie della risposta 580/2020 non è in discussione la territorialità delle cessioni (verificata per entrambe le vendite della triangolare) ma la loro non imponibilità.

L’operazione interrotta
A ogni modo, le aperture di questa risposta non vanno estese a situazioni diverse. Bisogna sempre considerare che, eccetto i casi sopra indicati e qualora non ci sia una vera “sosta tecnica”, la consegna dei beni è idonea a provocare un effetto interruttivo dell’operazione. Si rammenta infatti che, in base alla circolare 15/1980, la sosta tecnica sarebbe quella presso vettori/spedizionieri per il tempo necessario al raggruppamento o smistamento dei beni; e che questa non deve mai integrare un distinto rapporto di deposito (circostanza che può ravvisarsi nell’indicazione sui documenti di trasporto della destinazione del carico presso il luogo della sosta).

Nella risposta 273/2020 si evidenzia che non ricorrono gli estremi della “sosta tecnica” nella spedizione di beni presso un magazzino in altro Stato Ue, in attesa degli ordinativi dei clienti. Nonostante i beni siano destinati a rimanere stoccati per un breve periodo, il loro fermo presso la piattaforma logistica (in un rapporto di deposito) è idoneo a “spezzare” l’operazione, che quindi perde l’unitaria qualificazione di cessione intracomunitaria.

I CASI RISOLTI

La situazione
La Alfa Spa stocca i propri prodotti presso una logistica in Olanda gestita da un soggetto terzo, al fine di provvedere in tempi rapidi all’evasione degli ordini dei clienti. In particolare, i prodotti sono destinati ai rivenditori ufficiali di ciascuno Stato del nord Europa. Al momento dell’invio non è dato sapere se e quando i rivenditori eseguiranno gli ordini, tanto che non è escluso che i prodotti possano essere riportati in Italia dopo un lasso di tempo stabilito dall’azienda, in caso di mancata vendita.
La soluzione

Al momento della spedizione dei beni in Olanda, Alfa deve emettere fattura verso la propria posizione Iva olandese senza addebito d’imposta (cessione intracomunitaria assimilata).
Le vendite a fronte degli ordini dei rivenditori del nord Europa avvengono tramite la posizione Iva olandese, seguendo le regole ivi previste in materia di fatturazione.
L’invio delle merci presso la logistica, in attesa della vendita, non può essere considerata una sosta tecnica.

La situazione
Beta SL (società spagnola) fa inviare dal proprio rappresentante fiscale in Italia alcuni beni, già qui dislocati, a Gamma Srl (società italiana) affinché ne esegua l’assemblaggio e la certificazione, prima che quest’ultima li acquisti ai fini della rivendita a clienti extra-Ue.
Gamma Srl, in qualità di promotore, non entra mai nella disponibilità dei beni (se non ai soli fini dei servizi previsti). Entrambe le cessioni avvengono con resa Fob (free on board).

La soluzione

In questa triangolazione all’esportazione intervengono il rappresentante fiscale della società spagnola (primo cedente), la società italiana (promotore), il cliente extra-Ue.
L’operazione non è scomposta in due cessioni “separate” perché il promotore non ha mai la disponibilità dei beni. Nella fase di “lavorazione” i beni restano di proprietà della società spagnola; mentre, quando Gamma ne diviene proprietaria, i beni non entrano nella sua disponibilità perché inviati direttamente al cliente.

La situazione
Iota Spa vende a Teta Srl, la quale rivende contestualmente a clienti esteri (Ue o extra-Ue).
Nel caso di triangolare all’esportazione, com’è possibile fornire la prova del trasferimento dei beni al di fuori del territorio comunitario? E nel caso di triangolare nazionale?
In quest’ultimo caso è possibile avvalersi delle presunzioni di cui all’art. 45-bis del regolamento 282/2011?

La soluzione

La risposta 580/20 conferma che, in una triangolare all’esportazione, per il primo cedente, se dal Mrn l’uscita risulta conclusa, le fatture associate si considerano vistate ai fini della non imponibilità Iva. Per le triangolari nazionali, Iota dovrebbe potersi avvalere delle presunzioni ex art. 45-bis (come da risposta 632/20). In questi casi, la ricevuta è rilasciata dal cliente finale.

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