Imposte

Trust in paradisi fiscali, proventi tassati per cassa

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di Antonio Longo e Antonio Tomassini

Il decreto fiscale ( Dl 124/2019 ) introduce la tassazione dei redditi «corrisposti» ai residenti italiani da trust o altri istituti analoghi stabiliti in Paesi a fiscalità privilegiata. Per comprendere la portata della modifica è necessario un breve inquadramento sistematico della tassazione reddituale dei trust esteri.

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Il trust è soggetto passivo d’imposta: in caso di beneficiari «individuati» (trust trasparente), il reddito viene imputato per trasparenza a questi ultimi, qualificato come reddito di capitale (ex articolo 44, comma 1, lettera g-sexies, del Tuir che considera di capitale «i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti») e tassato ai fini Irpef. L’imputazione del reddito prescinde quindi dall’effettiva percezione da parte del beneficiario, il quale viene tassato secondo un criterio di competenza (è irrilevante la successiva distribuzione). Perché un beneficiario sia «individuato» non è sufficiente la sua identificazione in sede negoziale, ma è richiesto che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione del reddito (circolare 48/E/2007).

Nel caso di trust senza beneficiari di reddito individuati (trust opaco), i redditi vengono direttamente assoggettati a Ires in capo al trust.

Sui trust esteri opachi «costituiti» in giurisdizioni a regime fiscale agevolato, con la circolare 61/E/2010 l’Agenzia aveva affermato che «alla tassazione ridotta in capo al trust corrisponderebbe, comunque, l’imposizione in capo al beneficiario residente secondo il regime del … citato art. 44, comma 1, lettera g-sexies)». Questa tesi è da ritenersi priva di appiglio sistematico posto che la citata lettera g-sexies) fa(ceva) espresso riferimento solo ai redditi «imputati» al beneficiario di un trust anche estero, ma trasparente, e non al caso del trust estero opaco.

Il decreto interviene in questo groviglio interpretativo e modifica la lettera g-sexies) facendovi ora rientrare anche i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti analoghi stabiliti in Stati che si considerano a fiscalità privilegiata ex articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati.

Diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia in passato, le disposizioni fiscali – ante modifica – potevano infatti essere riferite ai redditi attribuiti ai beneficiari individuati residenti in Italia di trust esteri ma non anche ai redditi prodotti da trust (esteri) opachi (così la relazione illustrativa al decreto fiscale).

La novella ha inteso quindi sanare questo vulnus: è stato recepito l’orientamento restrittivo dell’Agenzia, con la particolarità tuttavia di collegare il presupposto impositivo a un criterio di tassazione per cassa (il riferimento è, difatti, ai redditi «corrisposti») in capo ai beneficiari.

In questo innovativo contesto al beneficiario dovrebbe essere comunque concesso di scomputare le eventuali ritenute alla fonte subite all’estero. Inoltre, anche a seguito della novella, dovrebbe comunque ritenersi che per i trust non residenti (tutti) risultano imponibili i soli redditi prodotti in Italia ex articolo 23 del Tuir, con esclusione dei redditi di fonte estera (articoli 151 e 153 del Tuir).

Per individuare i Paesi a fiscalità privilegiata (la novella rimanda all’articolo 47-bis del Tuir) non è chiaro se occorra fare riferimento alla tassazione effettiva ovvero, più correttamente, alla tassazione nominale, data l’assenza del concetto di «controllo» in capo al trust.

Quanto poi alla distinzione tra le attribuzioni relative ai frutti del trust (imponibili ai fini reddituali) e quelle riferibili al fondo segregato, la questione viene risolta – sbrigativamente – con l’introduzione del comma 4-quater all’articolo 45 del Tuir secondo cui, ove tale distinzione non sia possibile, l’intero ammontare percepito costituisce reddito. Resta fermo che, in caso di trust “opachi” italiani o comunque residenti in Paesi non a fiscalità privilegiata, la tassazione continuerà ad applicarsi solo in capo al trust.

In definitiva, le nuove disposizioni sembrano introdurre un autonomo presupposto impositivo per i redditi derivanti da taluni trust esteri, introducendo possibili discriminazioni e celando un intento antielusivo che pare inutilmente sovrapporsi alle regole già esistenti in tema di esterovestizione e interposizione.

Dl 124/2019

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