Vendita di società estera con immobili italiani: tassati i fondi stranieri
Il disegno di legge cambia il quadro del prelievo sulle plusvalenze indirette; finora il fisco ha colpito solo le operazioni effettuate cedendo una realtà italiana
Il disegno di legge di Bilancio in discussione alla Camera interviene nella tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione indiretta di beni immobili italiani. In particolare, l’articolo 24, comma 1, del testo bollinato modifica la norma di territorialità, stabilendo che si considerino prodotti in Italia (e siano quindi imponibili in capo ai non residenti) i redditi diversi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società non residenti, il cui valore deriva da beni immobili situati in Italia. Se finora la cessione indiretta d’immobili da parte di un non residente era tassabile solo in quanto effettuata cedendo una società italiana, questa norma ne consente la tassazione anche ove la società ceduta non sia italiana.
Da notare anche il secondo comma di tale articolo, che disapplica un’esenzione dall’imposta sulle plusvalenze, qualora oggetto di cessione siano partecipazioni non quotate in società, il cui valore deriva da beni immobili situati in Italia. A differenza della norma precedente (che colpisce le sole società non residenti), questa interessa anche le società residenti in Italia. La conseguenza è l’inapplicabilità dell’articolo 5, comma 5, del Dlgs 461/97, in base al quale non sono soggetti all’imposta sulle plusvalenze i soggetti residenti in Paesi con un adeguato scambio d’informazioni con l’Italia, nonché gli investitori istituzionali costituiti in tali Paesi; questa norma ha un ambito oggettivo molto ampio, applicandosi a tutte le plusvalenze diverse da quelle derivanti da partecipazioni qualificate.
I fondi europei
La manovra 2021 (legge 178/2020, commi 631 e 633) ha previsto due importanti esenzioni per taluni fondi europei:
O da un lato, disapplica la ritenuta sui dividendi;
O dall’altro, li esenta dall’imposta sulle plusvalenze.
Con riferimento a quest’ultimo punto, il legislatore ha operato solo sulle plusvalenze di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir (derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate).
La ratio di tale limitazione non era da rinvenire in un (inesistente) regime di favore accordato a tali partecipazioni, quanto piuttosto nella considerazione che le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate (come tutti gli altri redditi diversi di natura finanziaria) erano già esenti in virtù della ben più ampia norma di cui all’articolo 5, comma 5, del Dlgs 461/97, il cui presupposto soggettivo è ben più ampio di quello dell’esenzione per i fondi europei.
La giustapposizione dell’esenzione particolare (sulle sole plusvalenze da partecipazioni qualificate) e di quella generale (su tutti gli altri redditi diversi di natura finanziaria) aveva come risultato la completa esenzione dei fondi europei da ogni tassazione sulle plusvalenze, in tal modo scongiurando una procedura europea d’infrazione, dovuta alla discriminazione rispetto ai fondi italiani (esenti). Tale soluzione è però vulnerabile a una successiva, scoordinata modifica dell’esenzione generale (come sta purtroppo accadendo con il disegno di legge di Bilancio per il 2023).
Il mancato raccordo
Il problema nasce da un mancato coordinamento fra l’esenzione della legge di Bilancio 2021 (diretta alle sole partecipazioni qualificate) e la stretta della legge di bilancio ora in discussione (che limita l’esenzione generale su tutte le altre plusvalenze). Secondo l’attuale formulazione del disegno di legge, un fondo europeo che vendesse una partecipazione non qualificata in una società a prevalente sottostante immobiliare italiano non godrebbe di alcuna esenzione per norma interna (salvo il trattato, la cui applicabilità per i fondi non è però sempre agevole).
Addirittura, si ha il paradosso per cui un fondo europeo che vendesse una partecipazione qualificata in una società a sottostante immobiliare sarebbe esente, mentre lo stesso fondo sarebbe invece soggetto a tassazione sulla plusvalenza, derivante dalla cessione di una partecipazione non qualificata nella stessa società.
A prescindere dagli esiti paradossali, questa situazione rischia di riesumare la procedura europea d’infrazione, dovuta alla discriminazione rispetto ai fondi italiani. Sarebbe quindi necessario un coordinamento, attraverso l’estensione dell’esenzione particolare contenuta al comma 633 della legge 178/2020: anziché limitata alle sole plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate, la stessa andrebbe estesa a tutti i redditi diversi di natura finanziaria.