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Vivaio con germogli e arbusti, quote di emissione di anidride carbonica fuori dal reddito agrario

La risposta a interpello 329: la vendita delle quote di emissione rientra nel reddito di impresa a determinazione analitica indipendentemente dal soggetto che la esercita

di Gian Paolo Tosoni

Un vivaio con germogli ed arbusti abbatte l’anidride carbonica, ma le corrispondenti «quote di emissione» non rientrano nel reddito agrario. E così tanta creatività non è premiata dall’agenzia delle Entrate con la risposta 329/2020.

Una società agricola ha affidato ad uno spin off universitario una consulenza mirata alla validazione di un algoritmo capace di stimare la quantità di quote di Co2 sequestrabili da un impianto vivaistico. A questo punto la società ispirandosi a quanto avviene per i certificati bianchi od anche per i certificati verdi intende creare le «Vers» (ovvero le quote di emissione) a fronte delle quali i produttori di energia elettrica si possono permettere di emettere una tonnellata di biossido di carbonio. Si ricorda infatti che le regole cui devono sottostare i produttori di energia prevedono che essi devono produrre una determinata quantità di energia da fonti alternative ed ove non lo facciano devono regolarizzare la propria posizione acquistando certificati bianchi o verdi da chi produce energia pulita (direttiva 2003/87/Ce a seguito del protocollo di Kyoto).

Il debole della iniziativa oggetto dell’interpello, è che attualmente in Italia non esiste una forma di mercato volontario regolamentato a livello istituzionale ed è assente una normativa in materia. Infatti il registro nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali (Dm 1° aprile 2008) è sprovvisto al momento di un sistema di registrazione di progetti volontari.
La società che ha ideato l’iniziativa chiede comunque, in attesa del riconoscimento ufficiale, di conoscere se la attività relativa alla cessione delle quote di emissione possa rientrare fra le attività connesse e quindi usufruire della determinazione forfetaria del reddito di cui all’articolo 56-bis del Tuir. Nella fattispecie il reddito sarebbe pari al 25% dei corrispettivi registrati ai fini dell’Iva.

In effetti l’istanza non era priva di fondamento in quanto la generazione di queste quote di emissione avviene mediante la gestione di un vivaio e quindi di una produzione agricola; si consideri che le attività connesse consistono fra l’altro nella fornitura di beni e servizi utilizzando prevalente risorse dell’azienda normalmente impiegate nella attività agricola esercitata. Quando i servizi rientrano fra le attività connesse di cui all’articolo 2135 del Codice civile possono usufruire del regime forfetario ai sensi dell’articolo 56-bis del Tuir. Il filone normativo invocato dalla società istante è quello della produzione di energia elettrica da fonti agroforestali e fotovoltaiche che rientrano fra le attività agricole connesse

Di diverso avviso l’agenzia delle Entrate secondo la quale la produzione di quote di emissione non trova collocazione in alcune norma di legge ed in particolare nella normativa relativa alla produzione di agroenergie (articolo 1, comma 423, della legge 266/2005). Secondo le Entrate sarebbe necessario che ci fosse una regolamentazione secondaria che disponga l’assimilazione della produzione di quote di emissione alle attività agricole connesse.

In conclusione secondo l’Agenzia la vendita delle quote di emissione rientra nel reddito di impresa a determinazione analitica, indipendentemente dal soggetto che la esercita che potrebbe essere una persona fisica o una società semplice, per le quali il regime forfetario delle attività connesse è quello naturale.

Si osserva che la produzione agricola può generare beni immateriali e questi possono rientrare nel reddito agrario; è il caso ad esempio in passato delle “quote latte” e del diritti Pac la cui cessione non è rilevante fiscalmente in quanto assorbita dal reddito agrario (agenzia delle Entrate: risoluzioni 114 del 17 ottobre 2006 e 179 del 24 luglio 2007).