Contabilità

Per le imprese la chance di risorse da banche estere

di Marco Piazza

Più facile per le imprese italiane ottenere finanziamenti dalle banche e dai fondi comuni esteri. A certe condizioni, infatti, il nuovo articolo 26, comma 5 bis del Dpr 600/73 esenta i relativi interessi dalla ritenuta alla fonte del 26% (eventualmente ridotta in base alle convenzioni contro le doppie imposizioni) altrimenti applicabile in Italia in base al precedente comma 5. L'esonero riguarda gli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese erogati da enti creditizi stabiliti nella Ue, imprese di assicurazione costituite e autorizzate in base alle normative Ue o Oicr che non fanno ricorso alla leva finanziaria, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati Ue o See white list.

Il nuovo comma 5 bis è stato introdotto con l'articolo 22 del Dl 91 del 2014. La relazione precisa che l'ampliamento del regime di esenzione da ritenuta, fino ad ora riservato ai finanziamenti erogati da soggetti residenti in Italia è finalizzato a eliminare il rischio di doppia imposizione giuridica, che economicamente risulta di norma traslato sul debitore, favorendo l'accesso delle imprese italiane a costi competitivi anche a fonti di finanziamento estere.

Va osservato che l'articolo 26, comma 5 del Dpr. 600 prevede anche l'applicazione della ritenuta del 26% sugli interessi finanziamenti erogati da stabili organizzazioni all'estero di imprese (di norma banche) residenti in Italia. La norma mira a ostacolare i finanziamenti provenienti dall'estero, ma canalizzati attraverso branch di banche italiane per aggirare la ritenuta sugli interessi, le «operazioni conduit»

La ritenuta va effettuata a titolo di imposta nel caso in cui la stabile organizzazione operi in qualità di tramite tra sostituti di imposta italiani (beneficiari del finanziamento) e soggetti non residenti; a titolo di acconto nel caso in cui i proventi siano, in ultima analisi, imputabili a soggetti residenti (circolare Assonime 40 del 10 maggio 1999).

Ci si è chiesti se l'esonero da ritenuta previsto dal nuovo comma 5 bis operi anche con riguardo agli interessi corrisposti a stabili organizzazioni all'estero di banche italiane. Notiamo, in proposito, che il legislatore ha utilizzato, nella nuova disposizione, il concetto di stabilimento anziché quello di "residenza". Riteniamo quindi che abbia voluto far riferimento alle definizioni riportate nel Dl 385 del 1993, il Testo unico bancario.
Il Testo unico bancario, infatti, prevede che le banche e finanziarie italiane possano, a determinate condizioni, "stabilire" proprie "succursali" all'estero (si veda l'articolo 15 del Testo unico bancario e la circolare 285 del 2013 -Disposizioni di Vigilanza per le banche - parte prima, titolo I, Capitolo 5).

Con l'uso di questa terminologia si è quindi inteso, evidentemente, estendere l'esenzione anche agli interessi corrisposti alle stabili organizzazioni stabilite nella Ue di banche italiane.

Del resto non sono concettualmente superate le argomentazioni che hanno indotto l'amministrazione finanziaria a sostenere, nella nota 12/510 del 1979 ,che «la stabile organizzazione non può essere considerata soggetto giuridico distinto dalla casa-madre stessa». Gli interessi corrisposti alla stabile organizzazione si considerano quindi corrisposti alla casa - madre che è un ente creditizio stabilito nella Ue.

Si ritiene, quindi, che la disposizione contenuta nel nuovo comma 5 bis sia volta ad eliminare la ritenuta anche con riferimento ai finanziamenti erogati dalle branch europee di banche italiane.

Se così non fosse verrebbe a crearsi una discriminazione tra finanziamenti erogati da banche estere alle imprese italiane per i quali non si renderebbe applicabile la ritenuta e finanziamenti erogati da branch estere di banche italiane per i quali continuerebbe a ricorrere l'applicazione della ritenuta.
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