Imposte

Rivalutazioni, l'imposta sostitutiva elevata riduce l'appeal

di Fabrizio Bava e Giorgio Gavelli

È davvero indispensabile versare l'imposta sostitutiva per poter rivalutare i beni d'impresa ai sensi della legge n. 147/2013? L'agenzia delle Entrate, nel corso di "Telefisco 2014", ha risposto positivamente, motivando questa tesi con il testo della norma (articolo 1, comma 143), che sarebbe analogo, sul punto, a quella della legge n. 266/2005 (articolo 1, comma 470), la quale prevedeva che la rivalutazione assumesse necessariamente valenza fiscale con il versamento dell'imposta sostitutiva. Tuttavia, la risposta è incompleta: l'Agenzia, infatti, non ha indicato le eventuali conseguenze fiscali per chi rivaluta ma non versa l'imposta. Prima di entrare nel merito del quesito, vediamo le conseguenze della risposta. La previsione di un'imposta sostitutiva particolarmente elevata (16% per i beni ammortizzabili e 12% per i beni non ammortizzabili) fanno sì che il numero dei soggetti potenzialmente interessati sia molto modesto. Le situazioni ipotizzabili sono infatti poco frequenti: contemporanea presenza di forti plusvalori inespressi sugli immobili (ad esempio per leasing riscattati dal 2008 al 2012 o beni "trascurati" nella precedente rivalutazione), liquidità disponibile per assolvere l'imposta e possibilità di recupero, sui prevedibili redditi imponibili futuri, dei risparmi fiscali connessi ai valori rivalutati. Considerata la pex (articolo 87 Tuir) e la crisi delle società immobiliari, l'interesse a rivalutare le partecipazioni è prossimo alle zero. Al contrario, una rivalutazione che possa anche essere declinata solo sotto l'aspetto civilistico, avrebbe sicuramente molto più appeal.
Passando all'aspetto giuridico, l'Agenzia, nel confrontare la norma della legge di stabilità con quella della legge n. 266/2005, trascura di rilevare che quest'ultima si riferiva all'imposta sostitutiva con il termine "dovuta", assente nella legge n. 147/2013. Sul versante civilistico, la rivalutazione è resa possibile dalla deroga espressa all'articolo 2426 del Codice civile (comma 140), in assenza della quale, anche pagando la sostitutiva, non sarebbe possibile rilevare alcun maggior valore, in considerazione del divieto di inquinamento fiscale dei bilanci. E questa deroga (civilistica) non può, a nostro avviso, essere "condizionata" ad un versamento che nulla ha a che fare con il bilancio e che viene citato tre commi dopo. Questa impostazione permetterebbe di "correggere" la "distrazione" del legislatore che, nel perdurare della stessa crisi economica che lo aveva indotto a prevedere nel 2008 la rivalutazione anche soltanto con valenza civilistica, si è oggi concentrato solo sulle esigenze di cassa. La possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni pur in assenza del versamento dell'imposta sostitutiva, peraltro, non determinerebbe riduzioni di gettito per l'Erario, in quanto le imprese interessate sarebbero quelle non in grado di sostenere il costo della rilevanza fiscale, o, comunque, non interessate ad esso. E, se non ci sono comportamenti scorretti, si dovrebbero ottenere bilanci patrimonialmente più rappresentativi dei valori in gioco. Va, infatti, debitamente sottolineato che una eventuale apertura a percorrere il sentiero interpretativo qui esposto non deve portare a bilanci non veritieri, quale conseguenza di rivalutazioni poste in essere al solo scopo di creare riserve fittizie a presidio di perdite reali.
Atteso che l'Agenzia non ha autorità nel decidere sugli effetti extrafiscali di una disposizione (si pensi, ad esempio ad una impugnativa di bilancio a causa della rivalutazione operata), ciò che è interessante sapere dalle Entrate è a quali conseguenze fiscali si espone chi effettua comunque la rivalutazione civilistica, senza versare nulla e senza richiedere, pertanto, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti. Tali maggiori valori verrebbero qualificati come plusvalenze iscritte, conseguentemente irrilevanti ai sensi dell'articolo 110 Tuir, oppure originerebbero l'iscrizione a ruolo dell'imposta sostitutiva non versata? Propendiamo per la prima soluzione, ma sarebbe auspicabile, prima della chiusura dei bilanci, conoscere il parere dell'Agenzia.

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