Professione

Polizza con obbligo di ridurre la volatilità dei rendimenti

di Angelo Busani e Raul Pisani

Con la sentenza 6319/2019, la Cassazione ha demandato al giudice di merito di stabilire la natura effettivamente assicurativa di una polizza unit linked, verificando se sia previsto un effettivo «trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore», mediante un’analisi da effettuarsi «con specifico riferimento all’ammontare del premio versato dal contraente, all’orizzonte temporale ed alla tipologia dell’investimento». Allora, se si compie l’esercizio di porsi nei panni del giudice, quando una polizza unit linked è un prodotto assicurativo?

Quanto all’effettività di una maggiore componente di rischio demografico, il problema è stabilire la misura di questa «fairness». Nell’ipotesi di un capitale caso-morte elevato, è ovvio che questo si traduce in un premio caso-morte di corrispondente onerosità, soprattutto se il sottoscrittore abbia un’età relativamente elevata. La conseguenza è la riduzione della restante parte di premio investita in unit (e che può essere riscattata successivamente), con il risultato che il contratto assicurativo di fatto non potrebbe essere smobilizzato (per riscatto), trasformandosi in una sorta di titolo “illiquido”.

Per minimizzare il premio affluito alla componente caso-morte, le polizze unit linked con componenti caso-morte elevate finirebbero per essere sottoscrivibili solo da soggetti relativamente giovani. Da qui l’esigenza di configurare attentamente la componente di rischio demografico, per rispettare da un lato l’effettività richiesta dalla sentenza 6319 e dall’altro l’esigenza di limitare il premio destinato alle prestazioni caso-morte.

Al di là della vicenda specifica, si potrebbe argomentare che una unit linked avrebbe natura assicurativa qualora, ad esempio, la polizza fosse strumentale all’erogazione di prestazioni assicurative ulteriori rispetto a quelle caso-morte: in ipotesi, prestazioni sanitarie che siano finalizzate alla medicina preventiva per stimolare un ordinato e salutare stile di vita dell’assicurato. In questo contesto, il premio salute verrebbe tratto dalle unit e, se l’assicurato dimostrasse, attraverso il ricorso a strutture messe a disposizione dalla compagnia (nutrizionisti, trainer) che il rischio salute nel corso dell’anno si riduce per effetto della prevenzione, una parte del premio (già addebitato) potrebbe essere a fine anno riallocato alle unit e contemporaneamente il nuovo premio potrebbe essere più ridotto, con evidenti vantaggi individuali dell’assicurato e vantaggi sociali per il contesto in cui gli assicurati vivono.

Infine, si potrebbe anche argomentare che le polizze linked sono tali qualora la compagnia organizzi un fondo interno, selezionando asset class e amministrandolo secondo uno stile di gestione volto a ridurre la volatilità dei rendimenti nel corso del tempo, magari anche prevedendo regole automatiche, finalizzate a cambiare il profilo di rischio dei sottostanti nel corso del tempo. Con ciò riaffermando l’orientamento verso il principio di prudenza dell’assicuratore che, se seguito, avrebbe fatto escludere l’introduzione di hedge fund in una polizza retail. Concludendo, la sentenza deve essere intesa come uno stimolo all’innovazione di prodotto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©