Imposte

Quei due accordi a favore del gruppo di Tim Cook

di Antonio Tomassini

La Commissione europea mette nel mirino gli accordi tra Apple e Irlanda che avrebbero consentito al colosso statunitense di realizzare risparmi di imposta con un trattamento di favore. Nello specifico si tratta di due tax ruling, ossia due intese sui prezzi di trasferimento che, secondo Bruxelles, nasconderebbero aiuti di Stato da censurare sotto il profilo del diritto comunitario. In pratica, un'alterazione della concorrenza a favore della multinazionale.
Il procedimento avviato si sovrappone a quello che Apple ha subìto (ad esempio in Italia) sotto il profilo più strettamente fiscale, in cui è già stata accusata di non dichiarare i redditi prodotti nel nostro Paese attraverso una presunta stabile organizzazione occultata al fisco italiano. E ciò non fa che rendere evidente la mancata chiarezza che regna nel sistema tributario, anche a livello internazionale. La procedura avviata a Bruxelles consentirà alle parti in causa (autorità irlandesi in primis e azienda come soggetto interessato) di svolgere le proprie difese nei trenta giorni successivi alla formale contestazione. Sotto la lente della Commissione il transfer pricing: i prezzi di trasferimento praticati per gli scambi di beni e servizi all'interno dello stesso gruppo societario e che dovrebbero avvenire a valore di mercato. Per essere ancora più precisi, Bruxelles ha chiesto all'Irlanda di fare luce sull'effetto combinato di un accordo di suddivisione dei costi (cost sharing agreement) per ricerca e sviluppo stipulato tra alcune consociate del gruppo e il fatto che due di esse, costituite in Irlanda, avrebbero contratto due Apa (advanced price agreement) particolarmente vantaggiosi. E, secondo la Commissione, questo effetto combinato porterebbe il gruppo quasi ad azzerare la tassazione.
A tal proposito, bisogna ricordare che i rapporti tra i sistemi fiscali statali e gli aiuti di Stato sono stati oggetto di attenzione anche da parte della Corte di giustizia Ce (causa C-88/03 del 6 settembre 2006, con la quale il collegio ha bacchettato il Portogallo per il regime di favore concesso nelle Azzorre). In quell'occasione, i giudici del Lussemburgo hanno precisato che devono essere colpite solo le misure che, sotto qualsiasi forma, favoriscono alcune imprese o alcune produzioni incidendo sulla concorrenza, falsandola realmente o potenzialmente. E, a detta della Commissione , è quello che avrebbe fatto l'Irlanda con Apple (e non solo). Nel mirino, in definitiva, ci sono le multinazionali, che sarebbero chiamate a restituire il presunto ingente aiuto maggiorato degli interessi, ma soprattutto l'Irlanda, che avrebbe attuato una politica di concorrenza fiscale dannosa da censurare in ambito Ue.
L'iniziativa della Commissione pone, però, anche la questione di interventi su autonomia tributaria statuale, fiscalità di vantaggio e nuove forme di fare impresa. Da un lato, emerge sempre più l'esigenza di limitare nell'Unione europea discriminazioni significative in termini di tassazione tra i vari Paesi, mentre dall'altro lato si rende necessaria una soluzione a livello internazionale per disciplinare la tassazione dei redditi di business immateriali (la digital ecomony). In tali ambiti accade, infatti, che si riesca a operare rimanendo nella legalità ma erodendo redditi da tassare sia nello Stato dove vengono prodotti i redditi che in quello di residenza dell'impresa

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©