Frodi carosello: più flessibilità Ue
La Relazione sull’evasione fiscale e contributiva, allegata alla Nota di aggiornamento al Def 2019, stima in 109,7 miliardi di euro il tax gap medio del triennio 2014-2016. Al primo posto l’Iva, con un’evasione pari a 36 miliardi all’anno. La disciplina del tributo armonizzato presta il fianco a importanti meccanismi fraudolenti (dalle frodi carosello all’abuso di regimi speciali), con importanti perdite di gettito e pregiudizio per l’economia sana. È il caso di rilevare come l’impresa coinvolta nella frode, se a volte può avervi effettivamente partecipato, in altri casi potrebbe aver operato con mera negligenza, senza premunirsi delle prove di estraneità al patto criminale e, così almeno sul piano fiscale, ne sconta le conseguenze.
I modelli del reverse charge e dello split payment hanno fornito prova di efficacia nella lotta alle frodi e, ciò nonostante, presentano un campo di applicazione limitato nell’ambiente domestico. La direttiva 2018/2057 introduce la possibilità, al ricorrere di alcune condizioni e per transazioni oltre 17.500 euro, del reverse charge generalizzato fino al 30 giugno 2022, quando dovrebbe entrare a regime la Vat single area – secondo la proposta della Commissione Ue (2018) 329 final del 25 maggio 2018.
Ad avviso di chi scrive, è necessario avvalersi delle deroghe concesse e spendersi per averne di più ampie, anche a regime. In particolare, sarebbe efficace prevedere nelle transazioni di alcune tipologie di beni e per un certo valore, l’obbligo per la società acquirente di versare direttamente l’Iva all’Erario, salvo che il cedente non dichiari di aver acquistato i beni in Italia, giacché è solo in tal caso che l’imposta pagata dal cedente (nella prima transazione) dovrà essere “neutralizzata” da quella da incassare (nella seconda transazione). Al contrario degli acquisti intracomunitari, ove è proprio la non assoggettabilità a Iva della prima transazione, a costituire la condizione di partenza del meccanismo frodatorio. Così l’eventuale missing trader, che al fine di incamerare l’Iva dichiari di aver acquistato i beni in Italia, sarà facilmente individuabile. Inoltre, qualora allo scopo di celare la frode, sia volontariamente omessa la dichiarazione riguardante il luogo di acquisto, l’Iva potrà essere recuperata dall’ultimo cedente. Con la generalizzazione del meccanismo, si ridurrebbero le possibilità di aggiramento e, nel frattempo, controlli mirati consentirebbero la tempestiva individuazione della frode e il blocco delle risorse.
Il contrasto alle frodi Iva avrebbe un effetto moltiplicatore sull’economia sana, aumentando il gettito e le possibilità di investimento pubblico e accrescendo la liquidità e i consumi reali, senza trascurare il profilo di tutela dell’impresa acquirente in buona fede (certezza dei traffici). Nell’attesa della «rivoluzione copernicana dell’Iva intra-Ue» profilata con la proposta del 25 maggio 2018, lo spostamento del versamento a valle semplificherebbe l’intero meccanismo e, seguendo il flusso finanziario, avrebbe meno rischi di vederlo vanificato.