Imposte

Penalty protection da estendere alle mancate ritenute sulle royalty

di Massimo Bellini e Enrico Ceriana

La penalty protection si applica anche alle sanzioni su ritenute derivanti da corrispettivi intercompany. In caso di rettifica dei prezzi di trasferimento di royalty e interessi, la riduzione delle ritenute previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni e l’esenzione prevista dalla direttiva 2003/49/Ce - recepita dall’articolo 26 quater del Dpr 600/73 - si applicano nei limiti del valore di libera concorrenza (arm’s length), per cui la (presunta) parte eccedente è soggetta alle maggiori aliquote previste dalla normativa interna.

Al riguardo l’articolo 2, comma 4-ter, del Dlgs 471/97 prevede che in caso di rettifica da cui derivi la non corretta applicazione delle aliquote convenzionali sul valore di royalty e interessi infragruppo che eccede il valore arm’s length, le sanzioni per dichiarazione infedele del sostituto d’imposta (dal 90 al 180%, ex articolo 2, comma 2, del Dlgs 471/97) non si applicano se viene predisposta la documentazione idonea.

Tuttavia spesso gli uffici, pur riconoscendo la penalty protection in relazione alla sanzione per l’infedele dichiarazione, irrogano una sanzione per omessa effettuazione delle ritenute ex articolo 14 Dlgs 471/97, comma 1, secondo cui chi non esegue in tutto o in parte le ritenute alla fonte è soggetto alla sanzione amministrativa pari al 20% dell’ammontare non trattenuto.

Tale interpretazione sembrerebbe basarsi sul dato meramente letterale, cioè la disapplicazione delle sanzioni in tema di ritenute è espressamente prevista dall’articolo 2, comma 4-ter del Dlgs 471/97, mentre nulla viene detto in relazione all’articolo 14 del Dlgs 471/97.

Tuttavia il riconoscimento dell’esimente per la sanzione per dichiarazione infedele e la contestuale irrogazione della sanzione del 20% appaiono incoerenti poiché da un lato si riconosce la penalty protection, ma la si applica parzialmente, contestando la sanzione per omessa effettuazione delle ritenute.

Tale approccio non tiene conto di una interpretazione sistematica del meccanismo della disapplicazione delle sanzioni in tema di transfer pricing. Il dettato premiale di cui all’articolo 2, comma 4-ter, del Dlgs 471/97, non deve essere letto in senso restrittivo, ma coerentemente per evitare asimmetrie e disparità di trattamento, in modo tale dunque da coprire tutto lo spettro sanzionatorio, incluse l’omessa effettuazione delle ritenute. In pratica, visto che la sanzione in esame è la diretta conseguenza di una contestazione di transfer pricing, non deve essere applicata.

A ben vedere non si tratterebbe nemmeno di una reale mancata applicazione delle ritenute. Gli interessi ed i canoni intercompany effettivamente pagati sono correttamente assoggettati alle ritenute applicabili previste dai trattati o esentati ex articolo 26-quater del Dpr 600/73. Semmai l’applicazione delle ulteriori ritenute contestate è la conseguenza di una fictio iuris dovuta alla presunzione (relativa) introdotta dalla norma convenzionale e Ue e non ad un comportamento omissivo.

La stessa circolare 58/2010 aveva indicato che l’ambito di applicazione della penalty protection deve essere esteso «per ragioni di coerenza sistematica» anche ad altri comparti (nel caso di specie all’Irap).

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