Contabilità

Crisi d’impresa, richiesta danni agli amministratori commisurata al patrimonio netto

di Francesco Maria Rescigno, Claudio Turi e Sebastiano Zanette


Sono modifiche sostanziali quelle che il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha operato sulle disposizioni civilistiche relative ai criteri di quantificazione economica del danno in caso di accertamento della responsabilità degli amministratori.

L’articolo 378, comma 2, del nuovo Codice della crisi, infatti, ha introdotto nell’articolo 2486 del Codice civile criteri di quantificazione economica.

Fino agli interventi del Codice della crisi, dopo un lungo percorso giurisprudenziale, con la sentenza 9100/2015 della Corte di Cassazione a Sezioni unite si era affermato il principio in base al quale la responsabilità degli amministratori è accertata e la pretesa risarcitoria dovuta laddove sussista un inadempimento e che esso abbia cagionato un danno, ovvero che sia provato il collegamento causale tra la condotta (dell’amministratore) e il danno (cagionato al creditore sociale).

Ai fini del computo del danno, fatto salvo i rari casi in cui le condotte omissive o illecite siano circostanziate e individuabili, e, quindi, il pregiudizio arrecato alla società ne sia misurabile come diretta conseguenza, si era consolidato il criterio dei netti patrimoniali.

Nel caso di azioni di responsabilità verso gli amministratori ritenuti di aver omesso di gestire la società al fine di conservare l’integrità del valore del patrimonio sociale in presenza di una causa di scioglimento, tale impostazione prevede che il danno sia misurato come differenza fra la consistenza del patrimonio netto alla data in cui può dirsi verificata la causa di scioglimento e quella rilevata alla data di scioglimento effettivo.

Nei casi, invece, di omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili è ammesso il criterio residuale (applicato anche nella stima del danno in via equitativa ex articolo 1226 del Codice civile) in base al quale il danno causato dalla condotta omissiva o illecita degli amministratori è determinabile dalla differenza tra l’attivo realizzato in corso di procedura e il passivo accertato.

La nuova formulazione dell’articolo 2486 del Codice civile individua un criterio principale di quantificazione del danno riconducibile a quello dei netti patrimoniali, fatta salva la possibilità per l’amministratore di provare un diverso ammontare del danno, e un criterio sussidiario, quello differenziale, applicabile in caso di attivazione di procedura concorsuale e di scritture contabili mancanti o irregolari.

Alla luce dei dibattiti dottrinali e delle numerose pronunce giurisprudenziali ci si attendeva un intervento più incisivo e determinante del legislatore del nuovo Codice, tale da rimarcare il nesso di causalità (così come la responsabilità specifica nel caso di omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili) e di presa di posizione rispetto alle numerose difficoltà applicative del metodo dei netti patrimoniali (per esempio il dies a quo, l’applicazione di criteri omogenei, i costi inevitabili o quelli legati a tentativi di risanamento).

Inoltre, si introduce a carico dell’amministratore la prova contraria di una diversa (inferiore) misura del danno, che è però preclusa in caso di irregolare tenuta delle scritture contabili.

Non è poi stato stabilito se la nuova norma si applica anche ai giudizi in corso: fra gli analisti giuridici c’è chi ne esalta la natura processuale (e quindi la ritiene applicabile) e chi, invece, quella prevalentemente sostanziale, appellandosi, quindi, al principio di irretroattività delle leggi.

Per approfondire: Responsabilità degli amministratori: la quantificazione del danno nel nuovo Codice della crisi, in Norme&Tributi Mese 9/2019

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