Imposte

La tassa sulla plastica monouso rincorre imponibile e soggetti passivi

Diverse le criticità per l’applicazione della tassa introdotta dalla legge di bilancio 2020

(Agf)

di Giancarlo Malerba e Marco Piazza

La plastic tax rischia di divenire uno di quei tributi che costeranno al sistema (imprese e autorità fiscali) più del gettito atteso. A parte le perplessità sulla sua compatibilità con la disciplina unionale armonizzata dell’Iva e delle accise, è probabile che, data la numerosità degli stabilimenti di produzione, l’Agenzia dovrà compiere un notevole sforzo per garantire un’efficace gestione dei controlli.

Ma ciò che più preoccupa gli operatori è l’indeterminatezza della norma, modellata sul sistema delle accise, ma formulata dalla legge istitutiva come tributo del tutto autonomo. La circolare n. 2 del 2020 dell’Assonime elenca diversi spunti di riflessione.

I «Macsi»

Il primo consiste nella definizione dell’oggetto del tributo: i cosiddetti manufatti con singolo impiego (Macsi) che dovranno essere individuati con un provvedimento del direttore delle Entrate. Ma non basterà identificarli attraverso i codici della nomenclatura doganale, perché l’imposta si applicherà solo ai prodotti “monouso”, non definiti dalla norma nazionale, ma probabilmente individuabili attraverso la definizione contenuta nella direttiva 2019/904/Ue; con l’ulteriore complicazione che l’oggetto dell’imposta è esteso ai dispositivi – composti in tutto o in parte da Macsi – che consentono di confezionare gli stessi Macsi o altri manufatti nonché ai semilavorati plastici utilizzati nella produzione di Macsi.

Ma le maggiori difficoltà si concentrano nell’individuare i prodotti esclusi dal tributo, in particolare la materia plastica contenuta nel Macsi che provenga da processi di riciclo nonché i Macsi che siano utilizzati per produrre altri Macsi, i quali, per evitare doppie imposizioni, sono deducibili dalla base imponibile.

Il soggetto passivo

Ulteriori complicazioni derivano dal fatto che l’imposta è prelevata in capo a soggetti diversi in base alla circostanza che il prodotto sia realizzato in Italia (in questo caso soggetto passivo è il produttore) o all’estero (in questo caso è l’importatore o l’acquirente intracomunitario).

È evidente, che l’applicazione del tributo non ha solo conseguenze di ordine economico per gli operatori del settore, ma presenta gravi ricadute sul piano organizzativo, contabile e informatico. L’imposta dovuta dal produttore è fissata nella misura di 0,45 euro per ogni chilogrammo di materia plastica contenuta nel Macsi. Dalle prime stime, l’onere tributario potrebbe rappresentare sino al 50% del costo della materia prima utilizzata nel processo produttivo.

Tempi e sanzioni

Al provvedimento amministrativo è, tra gli altri, attribuito il compito di definire il contenuto della dichiarazione trimestrale per la liquidazione dell’imposta, delle relative modalità di contabilizzazione e di trasmissione telematica dei dati e, soprattutto, degli strumenti idonei alla certificazione del quantitativo di plastica riciclata contenuto nei Macsi. È facilmente intuibile lo stato di incertezza in cui, nel frattempo, versano i numerosi operatori del settore. Anche ipotizzando che le disposizioni attuative saranno precise e dettagliate, la predisposizione di modelli organizzativi, gestionali e contabili necessari non potrà essere assolta efficacemente nei pochi giorni che passeranno fra la pubblicazione del provvedimento e la sua effettiva applicazione. Preoccupa, a questo proposito la particolare onerosità delle sanzioni applicabili (da doppio al decuplo dell’imposta evasa), particolarmente grave se si tiene conto delle difficoltà, sopra descritte, di determinazione dell’imponibile.

Su sollecitazione delle associazioni di categoria alcune forze politiche si sono, quindi, già attivate per modificare la legge di bilancio al fine rinviare la data di decorrenza della norma al 30 giugno 2021.

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