Imposte

Corte costituzionale: le Regioni possono introdurre nuove esenzioni dal bollo auto

di Maurizio Caprino

Le Regioni possono stabilire liberamente le esenzioni dal bollo auto. Lo ha deciso la Corte costituzionale, con la sentenza 122/2019 ( clicca qui per consultarla ), depositata ieri. Una pronuncia che sembra in contrasto con la giurisprudenza consolidata della stessa Consulta. E ora potrebbe avviare una stagione di norme regionali agevolative.

La questione di legittimità costituzionale che ha portato a una decisione così importante riguardava una legge regionale (in questo caso, l’articolo 7, comma 2 della legge 15/2012 dell’Emilia-Romagna) di esenzione per i veicoli di età compresa fra 20 e 30 anni che obbligava i loro proprietari a iscriverli a un registro storico per farsi riconoscere il beneficio. Una questione posta già tante volte in passato, quando la Consulta aveva sempre concluso in senso limitativo dell’autonomia delle Regioni (si veda, tra le ultime, la sentenza n. 209 del 22 novembre 2018, redattore Barbera).

Questo orientamento risale alla sentenza 296/2003, che alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione aveva escluso che la tassa automobilistica potesse ritenersi un tributo proprio delle Regioni. Tanto che la legge Finanziaria 2004 - all’articolo 2, comma 222 - aveva dovuto “salvare” le leggi regionali difformi dalla normativa nazionale che erano già in vigore. La giurisprudenza della Consulta non è cambiata sostanzialmente nemmeno dopo il decreto sul federalismo fiscale (il Dlgs 68/2011).

Ora però il redattore dell’ultima sentenza, Luca Antonini, parte da questo decreto per aggiungere alla “bocciatura” della norma regionale in discussione (nella parte in cui subordina l’esenzione dal bollo all’iscrizione in uno dei registro storici riconosciuti) una precisazione importante: l’articolo 8 stabilisce che la tassa automobilistica non è né un tributo proprio autonomo delle Regioni né un loro tributo proprio derivato, ma la demanda alle Regioni «entro i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale».

A questa definizione la sentenza aggiunge il richiamo ad altre norme che toccano l’autonomia tributaria di Province e Regioni (articolo 73 del Dpr 670/1972 modificato nel 2010, articolo 1 del Dlgs 129/2014 sull’attuazione delllo Statuto del Friuli-Venezia Giulia e articolo 5 del Dlgs 184/2017 sull’attuazione dello Statuto della Valle d’Aosta), per notare che anche qui si parla di tributi per i quali lo Stato si limita a fissare un tetto, senza stabilire invece un minimo. Dunque, ampliare le esenzioni dal bollo auto non viola il vincolo del limite massimo di manovrabilità.

Se questo nuovo orientamento venisse confermato in futuro dalla Consulta, si aprirebbe la strada a una serie di leggi regionali che dispongono nuove esenzioni (a patto di assicurare in altro modo l’equilibrio di bilancio, come ricorda la stessa Corte nella sentenza di ieri). Fino, in teoria, ad abolire di fatto la tassa, magari arrivando a sostituirla con tributi che colpiscano anche i non residenti, che votano altrove. È il caso dell’Irba sulla benzina, pagata da chiunque faccia rifornimento sul territorio di una Regione in cui vige. E più volte in passato, soprattutto sotto elezioni, è spuntata l’idea di abolire il bollo auto e spostare la pressione fiscale verso i prodotti petroliferi.

Sono conseguenze estreme, tutte da verificare. Ma appare già sintomatico che ieri, poco dopo che si è diffusa la notizia della sentenza 122, abbiano rilasciato dichiarazioni positive sia il vicepremier Luigi Di Maio (M5S) sia il il coordinatore degli assessori regionali al Bilancio, il lombardo Davide Caparini (Lega).

Corte costituzionale, sentenza 122/2019

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