Contabilità

Con le categorie di quote uno strumento ad hoc per le Srl-Pmi

di Elisabetta Smaniotto


Al fine di sollecitare la nascita e lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali, il legislatore del Dl 50/2017 ha apportato significative modifiche alle Srl in possesso dei requisiti per assumere la qualifica di Srl-Pmi (ove l’espressione «Pmi» si articola in micro-impresa, piccola impresa e media impresa), consentendo alle Srl-Pmi di usufruire di talune opportunità prima riservate al solo modello azionario, equiparandole così sotto diversi profili alle Spa.

A tale proposito, assume la qualifica di Srl-Pmi la Srl che presenti congiuntamente le seguenti tre caratteristiche (orientamento I.N.1 del Triveneto): 1) abbia a oggetto una qualsiasi attività economica, anche non commerciale e anche non di impresa; 2) occupi meno di 250 persone e abbia un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro; 3) non appartenga a gruppi di imprese il cui potere economico superi quello di una Pmi; dovendosi a tal fine fare riferimento alla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/Ce.

Ebbene, una delle novità maggiormente significative che ha interessato il modello societario in esame riguarda la possibilità (originariamente prevista solo per le startup innovative) per le Srl-Pmi di emettere «categorie di quote» che attribuiscano a tutti i loro possessori «diritti diversi» da quelli spettanti agli altri soci e/o ai titolari di quote di altre categorie, con la particolarità che tutte le quote appartenenti alla medesima categoria devono essere contraddistinte da diritti uguali.

In sostanza, l’«atto costitutivo della Pmi costituita in forma di società a responsabilità limitata può creare categorie di quote fornite di diritti diversi», attribuendo a dette quote un’impronta standardizzata (o non standardizzata), suddividendole in unità di misura come se fossero azioni.

La possibilità di emettere partecipazioni cui sono collegati «diritti diversi» si affianca alla figura dei «particolari diritti» disciplinati, a opera della riforma del diritto societario (Dlgs 6/2003), nell’articolo 2468 del codice civile, i quali possono essere però riservati solo a taluni soci, contrariamente ai diritti diversi che possono essere assegnati a tutti i soci.

La differenza tra gli uni e gli altri risiede quindi nel fatto che con i diritti particolari si assiste a un procedimento di personalizzazione della quota, invece, con i diritti diversi si assiste a un procedimento di depersonalizzazione e di standardizzazione delle partecipazioni, sull’impronta di ciò che accade nelle azioni di società per azioni (ove esistono le speciali categorie di azioni).

All’atto costitutivo è quindi attribuita ampia discrezionalità nella definizione delle caratteristiche delle quote di categoria delle Srl-Pmi, nel senso che l’autonomia statutaria incontra i soli limiti di diritto comune, valevoli in ogni caso, e quelli speciali riferiti al particolare tipo di società a responsabilità a limitata:
- con riferimento ai primi, si pensi al divieto di patto leonino (articolo 2265 del codice civile), in virtù del quale è sanzionato con la nullità «il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite»; invece,
- con riferimento al particolare tipo sociale (società a responsabilità limitata), si pensi alle norme in materia di recesso, il quale deve operare al verificarsi di una delle cause inderogabili previste dall’articolo 2473 del codice civile, essendo esclusa la possibilità di derogarvi.

Per approfondire: Categorie di quote, uno strumento su misura per le Srl-Pmi, in Norme & Tributi Mese, 7/8 del 2019

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