Professione

Armi spuntate per il garante del contribuente

di Nino Amadore

Rafforzare il ruolo del garante del contribuente magari estendendo al resto del Paese il modello sperimentato in Sicilia con il tavolo della compliance. È la proposta emersa nell’ambito del convegno sul ruolo del Garante nell’ambito del rapporto tra fisco e contribuente che si è svolto ieri a Palermo. Una proposta dibattuta anche nel corso dell’assemblea dell’associazione nazionale Garanti del contribuente presieduta da Angelo Gargani che si è tenuta alla vigilia del convegno.

Il presupposto, ha spiegato Gargani, è che il «garante non è un difensore civico ma una parte terza che lavora nell’interesse dello Stato e dell’affermazione del giusto». Tra tante difficoltà, sembra di capire. Il progetto di un’amministrazione fiscale più vicina ai cittadini si scontra con situazioni oggettive diverse. «Purtroppo, però, una legislazione tributaria estremamente complessa, uno Statuto dei contribuente poco efficace e troppo spesso violato, una mentalità della Pubblica amministrazione qualche volta legata ancora ai formalismi burocratici (qualche volta anche vincolata dalla gerarchia), rallenta questo progetto» ha spiegato Salvo Forastieri, Garante del contribuente in Sicilia e vicepresidente nazionale dell’associazione. Per i commercialisti il garante resta un punto di riferimento, come spiega il coordinatore dei commercialisti siciliani Maurizio Attinelli: «Noi - dice - auspichiamo un ruolo ancora maggiore per la figura del Garante del contribuente in Sicilia molto attento alle problematiche poste dagli Ordini siciliani per conto dei contribuenti. Ma auspichiamo anche un ampliamento delle competenze estendendole anche agli istituti deflattivi del contenzioso tributario». Così come il garante resta un riferimento per i magistrati: Giuseppina Tutino, avvocato distrettuale dello Stato a Palermo, auspica per esempio che il legislatore «in funzione deflattiva del contenzioso tributario, attribuisca più adeguate risorse, mezzi e strumenti al garante».

Per Forastieri il modello da seguire è il tavolo della compliance avviato già in Sicilia e che resta l’unico in Italia. Ma anche in questo caso non mancano i problemi: «Bisogna rilevare che in Italia il costo della compliance (e cioè dell’adempimento fiscale spontaneo) è particolarmente elevato risentendo, anche, delle attuali criticità che riguardano l’organizzazione dell’amministrazione finanziaria - spiega Angelo Cuva, docente di diritto tributario all’Università di Palermo e tesoriere dell’Uncat (l’Unione nazionale camere avvocati tributaristi) - . Bisognerà, certamente, tenere conto degli effetti dei provvedimenti fiscali in fase di elaborazione che però non sembrano idonei a determinare significativi miglioramenti ma appare necessario agire con estrema urgenza, con provvedimenti che riducano sensibilmente il costo della compliance».

Non c’è solo questo ovviamente. Il direttore regionale delle Entrate della Sicilia, Pasquale Stellacci ha posto l’attenzione «sull’importanza dello Statuto del contribuente» ma soprattutto «sul diritto-obbligo del contraddittorio che è un’opportunità per l’amministrazione di ascoltare le ragioni del cittadino e per pervenire a una obbligazione giusta».

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