Adempimenti

Alla cassa per l’ultimo acconto ma la stretta scatterà l’anno prossimo: tutte le istruzioni

di Luca De Stefani

Non si applicherà al pagamento della seconda rata degli acconti per il 2019, in scadenza oggi, la stretta introdotta dall’articolo 3, del Dl 124/2019. È solo dal 2020, infatti, che la compensazione orizzontale in F24 dei crediti relativi a imposte dirette e sostitutive riferite al 2019, per importi superiori a 5.000 euro annui, sarà possibile «a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione» da cui il credito emerge (articolo 17, comma 1, del Dlgs 241/1997). Lo stesso vale per l’obbligo, imposto anche ai soggetti non titolari di partita Iva (in aggiunta agli altri), di utilizzare i modelli F24 dei servizi telematici dell’agenzia delle Entrate, anche per le compensazioni con saldo diverso da zero, in aggiunta a quelle con saldo pari a zero (ora applicabili).

Persone fisiche, senza partita Iva e senza compensazioni
Dal 3 dicembre 2016, le persone fisiche, senza partita Iva, possono presentarsi direttamente agli sportelli bancari, postali o di Agenzia delle Riscossioni, per pagare (con contanti, con assegni, con vaglia, con bancomat, con postamat e/o con addebito nel proprio conto corrente) i modelli di pagamento F24 cartacei, di qualunque importo (anche superiori a 1.000 euro), a patto che non contengano alcuna compensazione con altri crediti tributari o contributivi. L’articolo 7-quater, comma 31, decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, infatti, ha soppresso l’obbligo di utilizzare l’F24 telematico per i pagamenti superiori a 1.000 euro da parte delle persone fisiche, senza partita Iva, contenuto nell’articolo 11, comma 2, lettera c), decreto legge 24 aprile 2014, n. 66.
Dal primo ottobre 2014 al 2 dicembre 2016, invece, era obbligatorio l’invio telematico tramite i servizi delle Entrate (F24 web, F24 on-line, F24 cumulativo o F24 addebito unico) o degli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa (banche, Poste italiane e agenti della riscossione, prestatori di servizi di pagamento) per i contribuenti che volevano pagare le imposte e i contributi previdenziali e assicurativi, senza alcuna compensazione, ma per importi superiori a 1.000 euro. Durante questo periodo, infatti, il pagamento cartaceo allo sportello bancario o postale era possibile con l’F24 ordinario o semplificato, solo se il saldo del modello di pagamento (senza alcuna compensazione) era pari o inferiore a 1.000 euro.
Per importi superiori, comunque, c’era (e c’è tutt’ora) l’eccezione degli F24 precompilati cartacei e inviati dai Comuni o dei bollettini postali (per l’Imu e la Tasi), i quali possono essere sempre pagati agli sportelli. Solo in questi casi, i pagamenti allo sportello potevano essere effettuati, anche per più di 1.000 euro. Se si desiderava utilizzare il modello F24 ordinario o semplificato per importi superiori a 1.000 euro, invece, era necessario utilizzare le modalità telematiche di invio, tramite il sito delle Entrate o i servizi di home o remote banking delle banche o delle poste.
Dal 3 dicembre 2016, invece, se non vi sono compensazioni, le persone fisiche, senza partita Iva, possono pagare F24 di qualunque importo con i modelli cartacei presso gli sportelli bancari, postali o di Agenzia delle Riscossioni, utilizzando anche il contante (anche per più di 2.999,99 euro, limite attuale dell’antiriciclaggio), gli assegni, i vaglia, il bancomat e/o il postamat.
I titolari di partita Iva, invece, devono usare obbligatoriamente i modelli F24 telematici per tutti i pagamenti (articolo 37, commi 49 e 49-bis, Dl 223/2006).

Solo online gli F24 con compensazione
Dal 1° ottobre 2014, i contribuenti, senza partita Iva, che vogliono pagare le imposte e i contributi previdenziali e assicurativi non possono recarsi fisicamente in banca o in posta (o a uno sportello dell’agenzia delle Riscossioni) per effettuare il pagamento con modelli F24 cartacei, se questi riportano crediti in compensazione (anche con saldo finale dell’F24 diverso da zero), perché in questi casi è possibile effettuare il pagamento solo in via telematica e peraltro inviando il modello F24 tramite i servizi telematici delle Entrate. Oltre a questi servizi delle Entrate, dal primo ottobre 2014 fino all’utilizzo dei «crediti maturati» fino al 2018 compreso (cioè fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso al 31 dicembre 2019, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124) si possono utilizzare anche i servizi di home o remote banking delle banche o delle poste, quando la compensazione è parziale, quindi, quando l’F24 ha un saldo positivo (articolo 11, comma 2, lettera b), decreto legge 24 aprile 2014, n. 66). L’abolizione di questa possibilità è prevista indirettamente dall’articolo 37, comma 49-bis, decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (dopo la modifica intervenuta dall’articolo 3, comma 1, decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124), ma va ricordato che non è stata ancora abrogata la norma che l’ha introdotta (articolo 11, comma 2, lettera b), decreto legge 24 aprile 2014, n. 66). Si auspica, pertanto, un’abrogazione della stessa.

Niente contante, assegni, vaglia, bancomat o postamat
In caso di compensazione, anche parziale, quindi, la persona fisica non può pagare gli F24 «su carta» allo sportello, ma è concessa solo la modalità telematica, previo addebito nel proprio conto corrente. Quindi, non è possibile effettuare pagamenti in contanti, con assegni bancari, postali o circolari, con vaglia cambiari o postali, con carta Pagobancomat o carta Postamat.
Il pagamento con un F24 cartaceo presso le banche, le poste o uno sportello di Agenzia delle Riscossioni, può ancora essere effettuato solo da chi non è titolare di partita Iva e deve pagare modelli unificati di qualunque importo (anche superiori a 1.000 euro), ma senza alcuna compensazione.

Nessun limite all’uso dei contanti
Il pagamento in contanti della seconda rata degli acconti per il 2019, in scadenza oggi, tramite l’F24 cartaceo, da parte dei privati (senza partita Iva), non è influenzato dalla prevista riduzione da 2.999,99 euro a 1.999,99 euro del limite dell’uso del contante dell’articolo 49, comma 1, decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, non solo perché questa si applicherà dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021 (successivamente il limite scenderà a 999,99 euro), ma anche perché questi limiti riguardano tutti i «trasferimenti» di denaro effettuati «a qualsiasi titolo, tra soggetti diversi», quindi, sono esclusi da questa normativa i pagamenti dei propri F24.
Quindi, ci si può recare presso gli sportelli, ad esempio, con 5.000 euro in contanti per pagare un F24, senza compensazioni, con un saldo a debito di 5.000 euro. In pratica, non c’è più alcun limite prestabilito all’uso dei contanti per pagare le imposte, mentre vige il divieto assoluto di pagare i fornitori in contanti sopra i 2.999,99 euro.

Chi paga
Anche se ad oggi, data di pagamento della seconda rata dell’acconto della cedolare secca per il 2019, non è stato ancora modificato l’articolo 7, comma 2, del provvedimento delle Entrate 7 aprile 2011, che prevede la ripartizione, per tutti, dell’acconto dell’imposta piatta tra il 40% per la prima rata e il 60% per la seconda, si consiglia di seguire le indicazioni contenute nella risoluzione dell’agenzia delle Entrate stessa del 12 novembre 2019, n. 93/E, la quale ha previsto che i soggetti interessati agli Isa, che devono pagare anche l’acconto per il 2019 della cedolare secca (la seconda rata), devono applicare, anche per questa imposta, le nuove regole di ripartizione degli acconti in due rate uguali (al 50% ciascuna), anziché del 40% la prima rata e del 60% la seconda. Si arriva a questa conclusione solo perché la prassi delle Entrate è più recente rispetto al provvedimento del 2011, ma si auspica che quest’ultimo venga modificato prima possibile, in quanto ciò pregiudica la gerarchia delle fonti del diritto.
La nuova regola, introdotta dall’articolo 58 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cosiddetto decreto fiscale 2020) e da seguire già per la seconda rata degli acconti del 2019, in scadenza oggi, 2 dicembre 2019, non si applica ai soggetti che non sono interessati agli Isa, per i quali quindi la ripartizione dell’acconto della cedolare tra le due rate continuerà ad essere quella prevista dall’articolo 7, comma 2, del provvedimento 7 aprile 2011, cioè del 40% la prima rata e del 60% la seconda.

Acconti Irpef, Ires e Irap
L’articolo 58 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cosiddetto decreto fiscale 2020), ha previsto che dal 27 ottobre 2019 le due rate degli acconti dell’Irpef, dell’Ires e dell’Irap devono essere calcolate, non più nella misura del 40% la prima rata e del 60% la seconda, ma nella misura del 50% ciascuna. La novità, però, non si applica per tutti i contribuenti, ma solo per i soggetti che contemporaneamente dichiarano ricavi o compensi non superiori a 5.164.569 euro ed «esercitano attività economiche, per le quali sono stati approvati» gli indici di affidabilità fiscale (Isa) (articolo 12-quinquies, comma 3, decreto legge 30 aprile 2019, n. 34).
Questo nuovo metodo di calcolo dell’acconto si applica anche ai soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese interessati agli Isa (articolo 5, 115 e 116, Tuir), come i collaboratori di impresa familiare o coniugale, i soci di società di persone, di società di capitali trasparenti o di associazioni professionali (articolo 12-quinquies, comma 4, decreto legge 30 aprile 2019, n. 34).

Minimi e forfettari
La modifica della ripartizione degli acconti in due rate di pari importo vale per tutti i soggetti che «esercitano attività economiche, per le quali sono stati approvati» gli Isa, a prescindere «dal fatto che gli stessi applichino o meno gli Isa». Quest’ultima precisazione è contenuta nella risoluzione 28 giugno 2019, n. 64/E, relativamente alla proroga della scadenza delle imposte dal 30 giugno al 30 settembre 2019 e, grazie a questa, è stato prorogato il termine di pagamento anche per i minimi, per i forfetari e in generale per tutti i contribuenti che determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari o che «dichiarano altre cause di esclusione dagli Isa». Considerando che si tratta di un’interpretazione che riguarda la norma da prendere a riferimento per individuare i soggetti ai quali si modificano le percentuali di ripartizione delle due rate degli acconti, vale anche a questi ultimi fini. Pertanto, anche i minimi e i forfettari devono applicare la nuova modalità di calcolo delle due rate dell’acconto, pari al 50% ciascuna (risoluzione 12 novembre 2019, n. 93/E).

Acconto 2019
Per i soggetti che contemporaneamente dichiarano ricavi o compensi non superiori a 5.164.569 euro ed «esercitano attività economiche, per le quali sono stati approvati» gli Isa (anche se minimi, se forfettari, se ricadono nelle altre cause di esclusione dagli ISA o se sono soggetti che partecipano, ai sensi degli articoli 5, 115 e 116, Tuir, a società, associazioni e imprese interessati agli Isa), pertanto, per il primo anno di applicazione, il 2019, considerando che il primo acconto 2019, pagato lo scorso 30 settembre 2019, è stato pari al 40% del totale (cioè del 95% del dovuto per la cedolare secca), ora non viene chiesto di pagare il 10% mancante con il secondo acconto, in scadenza oggi. Quindi, quest’ultimo sarà pari al 50% del totale dell’acconto dovuto, come succederà a regime, e non del 60%, come previsto prima del decreto fiscale. Una riduzione che porterà l’acconto totale versato per il 2019 al 90% del 95% della cedolare secca calcolata con il metodo storico o previsionale.

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