Le mosse giuste per il reddito d’impresa
Serve una fiscalità adeguata alla fase economica successiva alla pandemia, a partire dalla riportabilità delle perdite
La prossima riforma fiscale dovrà pervenire ad una riscrittura di molti istituti tipici del reddito d’impresa e all’eliminazione di talune disposizioni limitative difficilmente giustificabili particolarmente nel contesto post coronavirus (il cui impatto negativo sui bilanci durerà molti anni).
Sarebbe opportuno, ad esempio, eliminare la limitazione all’80% dei redditi prodotti negli anni successivi dell’utilizzo delle perdite pregresse, prevista dall’articolo 84 del Tuir. Tale limitazione produce un effetto finanziario negativo per i contribuenti, costringendoli ad anticipare “ingiustificatamente” imposte all'Erario. Quella attuale sembra essere, poi, l’occasione giusta per ammettere il riporto all’indietro delle perdite, il “carry back”.Tale istituto, che è già presente in altri ordinamenti (Francia, Regno Unito, Usa), consente di riliquidare l’imposta degli esercizi precedenti a quello di realizzo della perdita, ottenendo il rimborso delle somme già versate e rappresenta una misura di immediato riequilibrio delle posizioni finanziarie di contribuenti ed Erario.
Andrebbe, poi, riformata la disciplina degli interessi passivi per i quali l’articolo 96 del Tuir ammette la deduzione nel limite del 30% del Rol. Tale limitazione, ispirata dalla finalità di forfetizzare il livello di indebitamento fisiologico, andrebbe depotenziato, tenendo anche presente che la Direttiva Atad (recepita nel 2019), ammette una serie di deroghe, mai adottate dal legislatore domestico, quale, ad esempio, una “safe harbour” fino a 3 milioni di euro di interessi netti.
Sono poi maturi i tempi per un’abolizione o, quantomeno, per una profonda modifica della disciplina delle società non operative e di quelle in perdita sistematica, anche in considerazione dell’attuale fase di crisi economica, nella quale i risultati negativi delle imprese dipendono, il più delle volte, non tanto dall’utilizzo strumentale di schermi societari, bensì dall’impossibilità reale di conseguire il quantum di proventi richiesti dal legislatore.
Ancora, per evitare le sempre frequenti contestazioni erariali sulla corretta individuazione delle spese di sponsorizzazione, dovrebbe introdursi, in via generale, una norma simile a quella attualmente prevista per le associazioni sportive dilettantistiche, all’articolo 90 della legge 289/2002, che prevede che i corrispettivi in denaro o in natura elargiti in favore di tali soggetti costituiscono, per il soggetto erogante, spese di pubblicità deducibili fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200mila euro.
Da ultimo, andrebbero elevate le percentuali di deducibilità/detraibilità relative ai mezzi di trasporto e adeguati i limiti di rilevanza ai fini delle imposte sui redditi dei costi relativi ai mezzi di trasporto a deducibilità limitata (articolo 164, comma 1, lettera b), del Tuir. Attualmente, infatti, le spese e gli altri componenti negativi relativi ad autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli sono deducibili nella misura del 20%, con un ulteriore limite collegato alla rilevanza fiscale del costo di acquisto che non può eccedere: 18.075,99 euro per le autovetture e gli autocaravan, 4.131,66 euro per i motocicli, 2.065,83 euro per i ciclomotori (limiti introdotti ormai da oltre vent'anni e mai aggiornati).
Naturalmente a questi interventi vanno accompagnate norme dal carattere più strutturale e prospettico volte a correlare una riduzione del tax rate a fronte dell’incremento dei livelli occupazionali o della detassazione del capitale di conoscenza, la vera risorsa del Paese. La ripresa, infatti, passa anche e soprattutto dalle imprese.
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di Eugenio della Valle