Professione

Contributi casse, la penalità dietro la dilazione

Va annullato l’effetto negativo della mancata deducibilità per il 2020 delle rate pagate nel 2021

di Paola Coppola

Si sta discutendo in questi giorni della mancata previsione di contributi a fondo perduto o altri ristori ai professionisti iscritti all’albo che, ad oggi, si sono visti escludere dalle varie misure di sostegno disposte a favore delle imprese individuali, sebbene non possa dubitarsi della medesima situazione di svantaggio e di contrazione del volume di attività e di liquidità dovuti al Covid dei professionisti rispetto agli imprenditori, né andrebbe superata l’assimilazione degli stessi che deriva dal concetto di “impresa” secondo il diritto europeo.

Tra i “benefici” concessi ai professionisti si devono considerare le sospensioni dei versamenti Iva (per taluni mesi), acconti Irpef, Irap e/o ritenute e contributi previdenziali che, com’è noto, sono stati fatti slittare nel corso del 2020 e, taluni, anche nel 2021 con scadenze diverse ed, a volte, variabili a seconda dei colori delle “zone” create per tener conto dell’intensità dei rischi di contagio, codici ateco, volume d’affari, mesi (o trimestri) di raffronto per le liquidazioni, ecc. Un ginepraio di regole che è impossibile “sintetizzare” in poche righe. Tra i pagamenti sospesi ci sono anche quelli disposti dalle casse di previdenza private a favore dei professionisti iscritti all’albo del saldo dei contributi integrativi (su fatturato) e soggettivi (sul reddito) relativi all’anno 2019 per i quali è stato concesso il pagamento dilazionato del dovuto nel corso del 2021 (con interessi).

Ebbene è proprio l’eventuale scelta di pagare nel 2021 i contributi alle casse a generare un effetto boomerang sulle dichiarazione dei redditi dei professionisti da presentare per l’anno 2020. Ed infatti, venendo a mancare il pagamento di un onere deducibile dal reddito complessivo imponibile, ex articolo 10 del Tuir, l’Irpef per il 2020 sarà “maggiore”, mentre l’Irpef del 2021 sarà “minore” di quella reale per effetto del doppio onere deducibile dei contributi pagati nel 2021 (per il 2019 e 2020); effetto che, probabilmente, non è stato valutato, né voluto nel concedere l’agevolazione.

Il modo per risolvere il problema, salvo quello di doversi fare carico di anticipare il pagamento dei contributi a saldo (2019) entro il 31 dicembre 2020 perdendo, di fatto, il beneficio (e la liquidità) – sarebbe quello di “adattare” la regola, e dedurre l’onere dei contributi alle casse “per competenza” e non “per cassa” nel periodo d’imposta (horribilis) 2020, per sterilizzare l’effetto negativo implicito che la misura temporanea di favore (la sospensione/dilazione), genera sulla base imponibile a fini Irpef del reddito complessivo del professionista.

In effetti, un precedente analogo ha riguardato l’esonero del versamento dell’Irap (articolo 24 del Dl 34/2020) per il quale, del pari, si è generato l’effetto negativo (indiretto) della mancata deduzione dell’acconto e, quindi, del maggior pagamento a saldo dell’imposta in dipendenza del (medesimo) beneficio accordato; effetto irrazionale che si è superato grazie ad un chiarimento della stessa Agenzia, affinché l’Irap del 2020 (non versata) potesse essere calcolata (come dovuta), pur “forzando” il modello ministeriale.

Ma la soluzione è stata “estemporanea” e, comunque, successiva all’emanazione delle norme emergenziali per cui, pur dovendosi comprendere le difficoltà di prevedere, a monte, i molteplici effetti irrazionali indiretti, articolati e differenziati a seconda della natura delle imposte di riferimento, il rimedio potrebbe arrivare intempestivo, o non confermato da orientamenti di prassi, con il rischio per il contribuente (e professionista che lo assiste) di incorrere in possibili violazioni (e sanzioni).

Servirebbe, in questo caso, un intervento degli enti di previdenza per sollecitare, al più presto, una risposta ministeriale che possa risolvere la criticità segnalata, ma ancor più opportunamente un intervento del legislatore (o un chiarimento ufficiale) che metta al riparo gli operatori del diritto (contribuenti/uffici/giudici) dalle possibili deviazioni dai principi generali nell’applicare i criteri di determinazione dei redditi o beni patrimoniali e/o sul rispetto delle scadenze dei vari adempimenti con una norma (o una circolare) che consenta al contribuente che dovesse mal interpretare, o “adattare” secondo coerenza una regola ordinaria nei casi di incongruenze o criticità legate alla straordinarietà ed eccezionalità delle misure (anche di favore), di regolarizzare la sua posizione, o di essere rimesso in termini, senza subire l’applicazione di sanzioni, laddove venga verificato (e comprovato) che l’inadempimento “incolpevole” di norme tributarie sia dipeso esclusivamente da norme o provvedimenti imposti dall’emergenza Covid, indipendentemente da scelte (concorrenti) dei soggetti passivi. In questo modo verrebbe assicurata, da un lato, la riscossione delle imposte, ma verrebbe garantita, dall’altro, l’esimente dalle sanzioni tributarie ex articolo 6 del Dlgs 472/97 (e di quelle penali, al superamento dei limiti soglia) per dare, subito, una risposta rassicurante e razionale ai tanti interrogativi e perplessità che riguardano, e riguarderanno per la (più lunga) durata dei controlli, i contribuenti ed i professionisti italiani.

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