Il dedalo dei bonus frena la ripresa
Le regole complesse e cervellotiche rischiano di rivelarsi di non facile applicazione per le imprese e i professionisti
Agevolazioni fiscali; sono queste le parole d'ordine costantemente ripetute dai decisori politici per blandire i contribuenti e chi li assiste. Nella pratica, però, la concreta fruizione dei benefici fiscali è condizionata da norme complicate, sovrapposte e non di rado incoerenti, ancorché pubblicate a distanza di pochi mesi l'una dall'altra. Infatti, troppo spesso si complicano così tanto i meccanismi applicativi da far pensare che vi sia una volontà “luciferina” di depotenziare la portata delle misure stesse.
Un esempio di norma di complessa applicazione è il bonus ristrutturazioni, le cui difficoltà operative sono note a tutti; molti altri esempi sono rinvenibili nel Ddl Bilancio 2021. Mi riferisco, fra le altre, alla norma sul credito d'imposta per investimenti in beni strumentali che ha sostituito, dal 2020, le tradizionali proroghe di super e iperammortamento, agevolando gli investimenti effettuati nel 2020 (con coda, in certe condizioni, al 30 giugno 2021).
La versione 2020 del credito d'imposta, è, ora, già oggetto di un rilevante intervento di modifica da parte del Ddl Bilancio 2021. Il credito “generale” spetta nella misura del 10% per gli investimenti effettuati dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2021 (o nel termine “lungo” del 30 giugno 2022) e ritorna al 6% per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2022 fino al termine lungo del 30 giugno 2023, sempre nel limite di 2 milioni di euro.
Con riferimento ai beni soggetti all'ex iperammortamento, per gli investimenti effettuati dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2021, il credito d'imposta è determinato in misura decrescente fino a un tetto massimo di costi ammissibili pari a 20 milioni di euro. Lo stesso per gli investimenti effettuati dal 2022, per i quali il credito d'imposta è, invece, riconosciuto nelle “vecchie” misure 2020, fermo restando l'innalzamento del tetto massimo a 20 milioni di euro. In sostanza, la nuova norma oltre ad estendere l'ambito temporale di effettuazione degli investimenti, modifica il quantum dell'agevolazione, fissa nuovi tetti massimi agli investimenti agevolabili (per i beni Industria 4.0) e riduce la fruizione del credito d'imposta (tre anni per tutti gli investimenti e in un'unica quota annuale per i soggetti di minori dimensioni che investano in beni “ordinari” entro il 2021). Sempre nell'anno in corso, peraltro, il decreto Rilancio ha posticipato, dal 30 giugno al 31 dicembre 2020, la “coda” del superammortamento 2019 al pari di quanto già previsto per l'iperammortamento.
L'istituto è certamente potenziato, ma la concreta attuazione, come spesso accade, potrebbe rappresentare un vero rompicapo per le imprese e i professionisti. L'obbligo di indicare in fattura il riferimento normativo dell'agevolazione, come richiede anche la bozza della legge di Bilancio 2021, ad esempio, non è al momento attuabile, in assenza di norme ufficiali. E, ancora, il credito d'imposta 2021 si applica dal 16 novembre 2020 (con una norma di portata retroattiva sicuramente apprezzabile nell'intento, meno per le conseguenze pratiche che ne discendono), accavallandosi a quello 2020.
Le imprese, specie quelle che avevano già iniziato investimenti nel corso del 2020, sono pertanto chiamate ad effettuare adeguate valutazioni di convenienza per sfruttare appieno, nel lasso temporale 2020-2021, i benefici delle due versioni del credito d'imposta nel rispetto del plafond massimo dell'investimento. Sarà necessario decidere quali e quanti investimenti “prenotare” entro il 30 dicembre prossimo, da assoggettare alla versione 2020 del credito d'imposta, e quali e quanti investimenti dirottare verso la nuova disciplina. Si tratterà di effettuare, dunque, nelle prossime settimane, piani d'investimento mirati, scelte e valutazioni prospettiche (anche su più anni) per ottimizzare i benefici, magari modificando decisioni già prese soltanto qualche mese fa. Insomma, si tratta di modulare gli investimenti, facendo una vera e propria “gimcana” tra agevolazioni vecchie e nuove.
Quella che ho cercato di sintetizzare è una disciplina complessa e articolata, a tratti cervellotica, che rischia di rivelarsi di non facile applicazione per le imprese e i professionisti. L'obiettivo, per la verità complesso, sarebbe quello di evitare di vanificare l'agevolazione per errori da cui possa conseguire il disconoscimento e il recupero, da parte dell'amministrazione finanziaria, del credito d'imposta. Tutto ciò senza considerare la tematica, tutt'altro che di poco conto, della distinzione, a tutti i fini penali e tributari, tra crediti inesistenti e crediti non spettanti.
L'auspicio è che il credito d'imposta 2021 non rappresenti, fra qualche mese, l'ennesima occasione persa di un reale stimolo fiscale alle imprese nostrane ad effettuare investimenti che ne migliorino la produttività e la competitività (anche internazionale). Ma purtroppo il rischio c'è ed è concreto. Norme agevolative inutilmente complicate ed incerte (come quelle a cui ci ha abituato la produzione legislativa dell'ultima stagione) alimentano nei destinatari una percezione di burocrazia infinita e portano a comportamenti improntati alla prudenza (nel timore di commettere errori sanzionati dall'amministrazione finanziaria). Proprio il contrario di ciò che dovrebbe essere: uno stimolo alla crescita. Occorre, sul serio, darsi l'obiettivo della semplificazione del sistema tributario. Lo si sa, complicare è facile, mentre semplificare è difficile. Però semplificare è anche necessario, soprattutto in questo momento.