Contabilità

Cessione d’azienda al bivio nella comunicazione Dac6

La normativa italiana inserisce nell’hallmark C.4 anche i trasferimenti d’azienda, con problemi di coordinamento con l’hallmark E.3

La bozza di circolare relativa agli obblighi di comunicazione dei meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale aggressiva non risolve i dubbi sul coordinamento tra alcune tipologie di elementi distintivi (hallmarks). Ci riferiamo ai meccanismi introdotti dal Dlgs 100/2020 e dalle successive disposizioni attuative (Dm 17 novembre 2020 e provvedimento 26 novembre 2020, prot. n. 364425), in attuazione della direttiva Dac6 (2018/822), e in particolare a quelli riguardanti:

- elementi C.4, relativi ai «trasferimenti di attivi»;

- ed elementi E.3, che interessano i meccanismi in cui si realizza «un trasferimento transfrontaliero infragruppo di funzioni e/o rischi e/o attività».

L’elemento distintivo C.4 dell’allegato 1 al Dlgs 100/20 individua, quali meccanismi transfrontalieri oggetto di comunicazione, i «trasferimenti di attivi in cui vi è una differenza significativa nell’importo considerato dovuto come contropartita degli attivi nelle giurisdizioni interessate». Secondo l’articolo 8, comma 4, del decreto 17 novembre 2020, tale differenza è da intendersi come quella tra l’importo dovuto come corrispettivo nelle giurisdizioni interessate e il valore di mercato degli attivi trasferiti, determinato secondo la disciplina dei prezzi di trasferimento, in conformità alle indicazioni contenute nel decreto 14 maggio 2018, emanato in base all’articolo 110, comma 7, del Tuir.

Secondo l’Agenzia, l’hallmark C.4 riguarda unicamente il trasferimento – anche mediante operazioni straordinarie – di «attivi patrimoniali», ossia beni giuridicamente tutelabili e funzionalmente strumentali all’attività dell’impresa, a prescindere dalla loro qualificazione (beni materiali, immateriali, finanziari), escludendo quindi i beni che costituiscono l’oggetto dell’attività economica (ad esempio, beni prodotti per la successiva rivendita).

In merito alla differenza di valore, sebbene si faccia riferimento alla «differenza tra l’importo dovuto come corrispettivo nelle giurisdizioni interessate e il valore di mercato degli attivi trasferiti», secondo l’Agenzia tale differenza è da intendersi con riferimento al valore fiscale riconosciuto all’attivo oggetto di transazione dagli Stati interessati. Ciò al fine di evitare che differenti valutazioni di un medesimo cespite patrimoniale tra soggetti fiscalmente residenti in Stati diversi possano ingenerare fenomeni di doppia non imposizione: effetto quest’ultimo strettamente correlato al valore fiscalmente riconosciuto all’asset patrimoniale negli Stati coinvolti.

Nella bozza di circolare, l’Agenzia fa l’esempio di un corrispettivo corrispondente al valore di mercato di 100 e di un valore fiscale oggetto di ammortamento in capo alla cessionaria di 200. Sembra invece trascurare la diversa fattispecie – in realtà espressamente prevista dal Dm 17 novembre 2020 – di corrispettivo di 100 e valore di mercato pari a 200, con conseguente minore plusvalenza in capo alla cedente di 100.

La «misura» della differenza
Sempre secondo l’Agenzia, la differenza tra l’importo dovuto come corrispettivo (valore fiscale riconosciuto all’attivo oggetto di transazione negli Stati interessati) e il valore di mercato è da considerare significativa qualora tale differenza sia in valore assoluto pari ad almeno il 10% del valore di mercato attribuito all’attivo.

A tale fine, l’Agenzia riprende l’articolo 4, comma 1-ter, del Dlgs 74/2000, secondo cui non danno luogo a fatti punibili penalmente le valutazioni che, complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.

Nonostante l’elemento distintivo C.4 si riferisca unicamente ai “trasferimenti di attivi”, l’articolo 8, comma 4, del Dm 17 novembre 2020 vi ricomprende anche i complessi aziendali o rami di azienda, valorizzando l’avviamento, tenendo conto delle funzioni e dei rischi trasferiti.

Si pongono quindi dubbi di coordinamento, non risolti dalla bozza di circolare, tra l’elemento distintivo C.4. e l’elemento distintivo E.3, che si verifica in presenza di un trasferimento transfrontaliero infragruppo di «funzioni e/o rischi e/o attività», qualora la previsione annuale degli utili del cedente o dei cedenti al lordo di interessi e imposte (Ebit), nel periodo di tre anni successivo al trasferimento, sia inferiore al 50% della previsione annuale degli Ebit in mancanza di trasferimento.

Come indicato dall’Agenzia, è questo il caso tipico della cessione d’azienda o di ramo aziendale. La cessione d’azienda non è infatti assimilabile al mero “trasferimento di attivi”, fattispecie nella quale il trasferimento di funzioni e rischi non sarebbe rilevante.

Andrebbe inoltre chiarito quali siano gli obblighi di comunicazione, in presenza di fattispecie oggetto di entrambi gli elementi distintivi, qualora i parametri ivi previsti siano superati solamente relativamente a uno dei due hallmarks. Una possibile soluzione interpretativa potrebbe essere quella di confinare l’hallmark E.3 – per sua natura realizzato in presenza di un significativo calo di Ebit, con il conseguentemente impatto sul business aziendale – ai soli casi di “Business Restructurings” identificati nel Capitolo IX delle linee guida Ocse sui prezzi di trasferimento.

È auspicabile che la versione definitiva della circolare risolva tutti questi interrogativi.

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