Contabilità

Assegnazione o cessione: passività, valore catastale e quote guidano la scelta

L’assegnazione ha un effetto fiscale sul socio che non deve però concretizzarsi in imposte da corrispondere

Potendo scegliere è preferibile l’assegnazione o la cessione agevolata degli immobili ai soci? Le due operazioni – tornate di attualità grazie alla legge di Bilancio 2023 – sono caratterizzate da meccanismi premiali analoghi ma gli effetti che scaturiscono dalla scelta sono, in termini concreti, diversi. La valutazione, quindi, va ponderata attentamente.

L’assegnazione è operazione che inevitabilmente impatta sul patrimonio netto della società risolvendosi nella distribuzione di capitale, di utili o di riserve di capitali o di utili, a fronte dell’attribuzione di un bene. Inevitabile, quindi, che vi sia, a valle, un effetto fiscale sul socio che non necessariamente, però, deve concretizzarsi in imposte da corrispondere.

Assegnazione e proporzionalità

L’assegnazione deve rispettare, in linea di principio, la “proporzionalità” del valore del bene assegnato rispetto alle quote di partecipazione dei soci. Questo tema riveste spesso una criticità centrale nella gestione dell’operazione, perché non sempre è possibile rispettare questo requisito con l’assegnazione a tutti i soci di beni agevolati. Di qui la possibilità di gestire assegnazioni agevolate e non, con le conseguenze del caso in termini di effetti fiscali per via del doppio binario. Un’alternativa possibile è richiedere ai soci eccessivamente beneficiati nell’assegnazione di intervenire con versamenti in conto capitale a favore della società, di modo da conguagliare il differenziale e riequilibrare il rapporto sociale.

L’accollo delle passività

Nell’assegnazione agevolata una questione centrale è il rapporto tra patrimonio netto contabile e valore delle attribuzioni ai soci.

La circolare 37/E/2016 ha precisato che «l’assegnazione dei beni ai soci comporta la necessità di annullare riserve contabili in misura pari al valore contabile attribuito al bene in assegnazione».

La questione, posta in maniera così radicale, pone però qualche perplessità (si veda Il Sole 24 Ore del 12 dicembre scorso). Occorre infatti considerare che nelle assegnazioni la prassi contabile ammette la possibilità di trasferire al socio anche elementi del passivo, oltre che del patrimonio netto. Che l’accollo di debiti costituisca elemento tipico dell’assegnazione, inoltre, risulta anche a livello normativo, dato che il comma 103 dell’articolo 1 della legge 197/2022 ammette espressamente che il socio possa accollarsi delle passività, importo che deve essere portato a riduzione del valore normale dei beni ricevuti per rideterminare il costo fiscale della partecipazione post-assegnazione. Nello stesso senso la circolare 26/E/2016 (par. 6.1). Contrario, invece, lo studio del Notariato n. 73-2017.

Nella cessione agevolata non si pongono dubbi di sorta sulla possibilità che il socio assegnatario possa accollarsi una passività a fronte del pagamento del corrispettivo dovuto.

Attribuzione del valore catastale

Nell’assegnazione agevolata, su richiesta della società, il valore normale dell’immobile assegnato può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione del criterio della rendita catastale rivalutata. Su questo valore, spesso inferiore al valore contabile e al valore normale di mercato, quindi, si può giocare la partita fiscale conseguente all’assegnazione, in capo alla società e al socio assegnatario. Ipotizzando un’assegnazione al valore contabile di 100 a fronte di un immobile con un valore catastale rivalutato di 60, si potranno scaricare contabilmente riserve (di utili o di capitali) per 100, ma la rilevanza fiscale dell’operazione per la società e per i soci sarà calcolata su 60. In pratica, anche se vengono annullate riserve di utili per 100, i dividendi tassabili sono 60. Se sono usate riserve di capitali, il costo fiscale della partecipazione del socio per calcolare il “sottozero”, è ridotto di 60 e non di 100. Non è un vantaggio da poco.

L’unica eccezione a questa regola attiene al caso di riduzione, a fronte dell’assegnazione, di una riserva da rivalutazione non affrancata. In questo caso, infatti, l’Agenzia ha chiarito che il 13% (a totale tacitazione della posizione fiscale della società e dei soci), si paga sull’intera riserva annullata (100) e non sulla sola quota corrispondente al valore catastale rivalutato (60).

Questa possibilità di tenere distinto il valore contabile di assegnazione da quello fiscale scelto nel valore catastale rivalutato, non è fruibile nella cessione agevolata ove rileva sempre il corrispettivo di cessione salvo che non sia inferiore al valore normale che può essere determinato, in via opzionale, nel valore catastale rivalutato.

Inoltre c’è da tenere conto che nella cessione agevolata, che si concretizza in una mera permutazione dell’attivo, non si mette mano alla fiscalità “latente”, per la società e i soci, sulle poste del patrimonio netto.

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