Contabilità

Perdite su crediti nei bilanci 2021 in cerca di deduzione accelerata

Spesare subito gli importi consentirebbe di limitare gli effetti della crisi. La legislazione fiscale e la prassi si sono evolute a favore del contribuente

di Giorgio Gavelli e Fabio Giommoni

I bilanci 2021 sono spesso caratterizzati da significative perdite su crediti, conseguenti alla crisi economica scaturita dalla pandemia. Almeno per limitare gli effetti negativi è importante ottenere l’immediata deducibilità fiscale della perdita: negli ultimi anni la legislazione fiscale si è evoluta in senso decisamente favorevole al contribuente, se non altro sotto l’aspetto di una maggiore chiarezza.
L’attuale comma 5, articolo 101, del Tuir prevede infatti diverse fattispecie di perdite su crediti «automatiche», cioè che non richiedono la dimostrazione di quegli «elementi certi e precisi» che caratterizzano l’ordinaria deducibilità delle perdite su crediti. Il più importante è il caso del debitore assoggettato a «procedure concorsuali»: circostanza che consente l’immediata e, a volte, integrale deduzione della perdita su crediti a partire dalla data di avvio della procedura.

Le casistiche agevolate

Gli istituti che danno il diritto alla deduzione sono: il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, il concordato preventivo, l’accordo di ristrutturazione del debito omologato, i piani attestati di risanamento (iscritti al registro imprese) e l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, nonché le procedure estere equivalenti.In tali casi è dunque sufficiente verificare, tramite una visura o la corrispondenza ricevuta, che il debitore risulti assoggettato a una delle procedure entro il 31 dicembre 2021 nei termini indicati dalla norma (altrimenti – in assenza di altri elementi richiamati dal citato articolo 101, comma 5 – la deduzione è rinviata all’esercizio 2022).

Va precisato che non rileva la data della presentazione della domanda “in bianco” di concordato preventivo (Dre Lombardia, interpello 904-335/2019), bensì il decreto di ammissione a tale procedura, e che nella casistica non rientra (al momento) la nuova composizione negoziata della crisi di impresa di cui al Dl 118/2021.

Altra fattispecie riguarda i cosiddetti «mini crediti» – ovvero di importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione (ricavi superiori a 100 milioni di euro) e non superiore a 2.500 euro per tutte le altre imprese – i quali, inoltre, siano scaduti da oltre sei mesi (alla data del bilancio).

I requisiti per la deduzione

In merito alla competenza fiscale della perdita occorre considerare che, per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori assoggettati a procedure concorsuali, il comma 5-bis, articolo 101, del Tuir consente, di fatto, di dedurre le perdite negli esercizi che intercorrono dalla data in cui si manifestano – per presunzione della norma – gli elementi certi e precisi, fino alla data di cancellazione definitiva del credito dal bilancio secondo i principi contabili.In base al comma 5, articolo 101, del Tuir sono deducibili senza necessità di dimostrare gli elementi certi e precisi anche i crediti i cui diritti di riscossione sono prescritti a norma di legge (articoli 2934 e seguenti del Codice civile), a prescindere dall’importo del credito.

Poiché la prescrizione dipende anche dalle azioni intraprese dal creditore (che la interrompono), la circolare 26/E/2013 ha precisato che in sede di verifica il Fisco può contestare la deduzione della perdita su crediti prescritti, qualora l’inattività del creditore abbia corrisposto a un’effettiva volontà liberale (si veda, tuttavia, anche il principio di diritto 16/2021).L’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 101 del Tuir consente, infine, la deduzione delle perdite relative a crediti cancellati dal bilancio in applicazione dei principi contabili adottati (si veda l’articolo di Nt+ Fisco, per i soggetti Oic).

Anche se non ricorrono le casistiche illustrate in precedenza, le perdite su crediti possono essere comunque dedotte se il contribuente dimostra l’esistenza degli «elementi certi e precisi». I casi possono essere i più vari: debitore deceduto o irreperibile, procedura esecutiva esperita con esito infruttuoso o non convenientemente perseguibile (ad esempio, per comprovata incapienza patrimoniale del debitore), eccetera.

Anche quando il credito è vantato verso debitori stranieri, la relativa perdita è deducibile se debitamente documentata (circolari 131/1978 e 39/E/2012).Infine, è bene precisare che la disciplina fiscale non assume la medesima distinzione contabile tra «perdite» e «svalutazioni»: quindi tutte le rettifiche di valore su crediti imputate in bilancio, che hanno le caratteristiche richieste dal comma 5 dell’articolo 101 del Tuir, sono deducibili; ma, in ogni caso, l’ammontare fiscalmente deducibile dev’essere assunto al netto dell’eventuale fondo svalutazione crediti dedotto ex articolo 106 del Tuir, risultante al termine dell’esercizio precedente.

LA GIURISPRUDENZA DI CASSAZIONE

1. Deducibilità retroattiva in caso di proceduraLa Cassazione (da ultimo con sentenza 22314/2021 e ordinanza 15218/2021) ha stabilito che, in caso di debitore assoggettato a procedure concorsuali, la disposizione del comma 5-bis, art. 101, del Tuir – per cui la deduzione della perdita su crediti è ammessa, nel periodo di imputazione a bilancio, entro la “finestra temporale” che va dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento al periodo d’imposta in cui, secondo i principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio – si applica anche anteriormente alla sua entrata in vigore (Dlgs 147/2015).
2. Azione esecutiva non sempre necessaria
Con sentenza 1147/2022, la Suprema corte (richiamando le pronunce 4567/2019 e 23863/2007) ha ribadito che non può ritenersi presupposto per la deducibilità delle perdite su crediti il previo infruttuoso esperimento di azioni esecutive, perché la perdita può risultare anche da altri elementi certi e precisi. Il creditore può, infatti, «con ogni mezzo di prova», dimostrare gli elementi “certi e precisi” che hanno dato luogo a una perdita, che va rinvenuta quando il debitore non paga volontariamente e il credito non risulta attuabile coattivamente.
3. La distinzione (fiscale) tra perdita e svalutazione
Secondo la Corte (ordinanza 34483/2021), nell’ambito del reddito di impresa, il discrimine tra “perdite” e “svalutazione” è connesso alla definitività del venir meno della posta attiva: alla stregua di un giudizio prognostico, si ha “perdita” quando il credito è divenuto definitivamente inesigibile, e svalutazione quando esso è solo temporaneamente non realizzabile. È quindi illegittimo l’atto di recupero della maggiore imposta a seguito del mancato riconoscimento di crediti integralmente svalutati sulla base di una ragionevole previsione, non ancora certa, di inesigibilità.
4. Quando il Fisco può invocare l’abuso del diritto
Con ordinanza 748/2021, la Corte ha affermato che, se la cessione di un credito vantato verso una società “strettamente collegata” avviene per un importo pari all’1% del suo valore nominale, ed è effettuata senza alcuna giustificazione, se non per abbattere l’utile del cedente, il Fisco può invocare l’abuso del diritto, ex articolo 10-bis della legge 212/2000. Tale eccezione, però, non sarebbe legittimata quando viene dimostrato che ci sono stati concreti tentativi di riscossione del credito, ovvero se vengono provate l’inesigibilità del credito e l’insolvenza del debitore.

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