Il mercato chiede regole aggiornate
L’esposizione di dati statistici sul funzionamento della giustizia civile e di quella delle imprese, in particolare, è sempre occasione di dibattito su come migliorare l’efficienza dell’apparato statale e delle procedure utilizzabili.
Al riguardo il nostro Paese non ha buona fama. Oggi però si può dire che questo, per alcuni versi, è un luogo comune. Molto è stato fatto nell’ultimo decennio e molte altre iniziative sono state avviate sul versante del miglioramento dei tempi della giustizia. Sembra dunque che il punto non sia tanto se il nostro sistema tenda ad allinearsi agli standard internazionali, quanto piuttosto la velocità e la qualità con cui questo avviene. Osservando il problema sotto questo aspetto, si possono svolgere due considerazioni che riguardano: da un lato, l’evoluzione dell’economia e, dall’altro, l’idea di giustizia che abbiamo e che dovremmo avere.
Prima questione. Sono noti la globalizzazione e gli effetti prodotti su quello che molti studiosi denunciano come supercapitalismo. Quello che è opportuno invece considerare è che la riduzione dei tempi ciclici delle crisi, così come la facile diffusione del debito hanno determinato delle controspinte tali da far percepire questi elementi, un tempo negativi per la crescita economica, come occasioni di investimento e di business. Basta considerare l’ampia diffusione del mercato dei crediti deteriorati, o l’acquisizione di aziende decotte da ristrutturare e rivendere, per rendersi conto del fatto che la formazione di nuovi mercati ha determinato la comparsa sulla scena di nuovi operatori economici. I quali se investono, pretendono il ritorno dell’investimento e quindi innalzano, in qualità e quantità, la domanda di funzionamento della giustizia. Se un tempo forse poteva essere comodo al mondo bancario che le procedure esecutive avessero tempi di attesa significativi, ora non è più così nella misura in cui i loro crediti vengono ceduti e i cessionari ovviamente reclamano tempi più rapidi di recupero. Ma anche sul versante della gestione della crisi tutto sta cambiando. La crisi è questione che ormai investe la governance delle società; la sua gestione passa attraverso strutture organizzative adeguate che assicurano la tempestiva reattività del management. È noto che la riforma Rordorf della legge fallimentare stia andando verso questa direzione, per spingere le imprese a reagire in via preventiva agli indizi di crisi. E allora anche questa tendenza finisce per impattare non solo sul funzionamento delle procedure – aspetto di certo rilevante – ma sulla nuova natura della domanda di giustizia in questo settore con prospettazione di questioni e conflitti sempre più sofisticati. Del resto, la decisione di espungere la parola «fallimento» dal tessuto normativo del nuovo impianto, risponde a una nota esigenza degli investitori stranieri spesso impauriti dai retaggi punitivi sottesi all’accezione storica di questa parola. Quello che sta accadendo è dunque un incremento della domanda di giustizia legato alle dinamiche del mercato e alle istanze che nuovi soggetti economici e nuovi approcci operativi, nel mondo delle imprese, portano con sé.
Seconda questione. L’idea di giustizia generalmente condivisa è declinata come insieme di apparati e quindi di organizzazione di persone e mezzi per erogare un servizio alla collettività. Idea corretta, ma statica. Dovremmo invece riposizionarci in termini più sensibili alla costruzione di una affidabilità di sistema. Voglio dire: la giustizia non è solo questione di apparati e regole ma, in primo luogo, di sinergia sul piano della formazione tra mondo giudiziario, mondo forense e mondo accademico. L’interazione positiva tra queste vive realtà può di certo contribuire a un’alta formazione di cui abbiamo bisogno per rispondere alle sfide poste dalla prima questione illustrata. Non trovo appropriato parlare di specializzazione dei giudici, degli avvocati o dei professori, ma di formazione mirata che è in grado di conciliare le ampie vedute, che il diritto esige, con la conoscenza del dato normativo particolare. Il reciproco arricchimento tra questi mondi è in grado di avviare ampie e diffuse occasioni di miglioramento della qualità della risposta della giustizia la quale, accanto al momento sanzionatorio e decisionale, vede anche quello della selezione di ciò che merita di essere posto all’attenzione del giudice, soprattutto in delicate materie come quelle che hanno ricadute sull’economia. La complessità dei cambiamenti che stiamo vivendo potrà essere affrontata partendo sì dal dato statistico, ma poi collaborando all’autorevolezza della giustizia di fronte alle nuove forze che si muovono nell’economia. Le questioni poste vogliono quindi sollecitare un tale approccio e proporre una visione dinamica della giustizia che faccia percepire il sistema Paese rinnovato nella sua credibilità internazionale.