Contabilità

Marchi rivalutati, storno contabile per chi revoca gli effetti fiscali

Il «ritorno al passato» è ammesso anche da un emendamento al Dl 4/22. Il cambio dei criteri impone la rettifica dei saldi e l’indicazione in nota

di Andrea Vasapolli

Ritorno al criterio del costo storico per i marchi da gestire con cura dopo la stretta sulla rivalutazione.

La manovra 2022 (commi 622-624 dell’articolo 1, legge 234/ 2021) ha modificato le disposizioni del decreto Agosto (articolo 110 del Dl 104/2020) con riferimento alla rivalutazione dei marchi e al riallineamento dell’avviamento.

Le tre opzioni offerte alle imprese che, in particolare, abbiano rivalutato i marchi nel bilancio 2020 sono le seguenti:
1 accettare che la deduzione dei maggiori ammortamenti si sviluppi su di un arco temporale di 50 anni;
2 pagare una gravosa imposta sostitutiva integrativa (tra il 9 e il 13%) per mantenere la deduzione fiscale dei maggiori ammortamenti su di un arco temporale di 18 anni;
3 revocare, anche parzialmente, l’applicazione della disciplina fiscale di tale rivalutazione, chiedendo il rimborso o la compensazione dell’imposta sostitutiva assolta.

Chi deciderà di optare per l’ultima soluzione si troverà con i marchi iscritti in bilancio al valore rivalutato senza che tale valore abbia riconoscimento fiscale, a fronte di una riserva non più in sospensione d’imposta ma pur sempre soggetta ai vincoli civilistici di utilizzo delle riserve di rivalutazione. Dovrà inoltre iscrivere le imposte differite sul disallineamento civilistico-fiscale di tali valori, a riduzione del patrimonio netto contabile. Inoltre i risultati del 2021 e dei futuri esercizi saranno gravati dai maggiori ammortamenti dei marchi, fiscalmente non più deducibili. Il legislatore non ha previsto la possibilità di stornare anche gli effetti contabili della rivalutazione.

Riapprovazione off limits

Riteniamo non percorribile la riapprovazione del bilancio 2020 previo storno della rivalutazione effettuata, perché tale riapprovazione è possibile solo nel caso di nullità della delibera assembleare dovuta al fatto che il bilancio a suo tempo approvato fosse viziato da un errore rilevante tale da inficiare la rappresentazione chiara, veritiera e corretta prevista dall’articolo 2423, comma 2, del Codice civile.

In merito osserviamo che chi nel 2020 ha rivalutato i marchi ha adottato un nuovo criterio contabile (quello del costo rivalutato) sulla base di informazioni (il contesto normativo all’epoca vigente) rivelatesi poi diverse da quelle assunte a base della scelta operata. Tale caso non è qualificabile quale errore, come previsto dall’Oic 29 (§ 45).

Il cambio dei criteri

Si deve quindi valutare se sussistono le condizioni per cambiare nuovamente, nel bilancio 2021, il criterio di valutazione dei marchi, tornando al criterio del costo storico. L’articolo 2423-bis, comma 1, n. 6, del Codice civile, stabilisce che i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro, ma il secondo comma di tale articolo stabilisce che deroghe a tale principio sono consentite in casi eccezionali. La legge non definisce quali siano i casi eccezionali in cui è possibile derogare al principio di continuità dei criteri di valutazione, né lo fanno i principi contabili. Non soccorre, nel caso in esame, neanche la relazione al Dlgs 127/1991. In dottrina si è osservato che tra i casi eccezionali possono rientrare anche cambiamenti della disciplina normativa ed inoltre che l’eccezionalità di cui all’articolo 2423-bis del Codice civile è meno intensa di quella di cui al comma 5 dell’articolo 2423 del Codice civile.

Non ci risulta che in passato si siano posti casi simili, né ci sono noti precedenti giurisprudenziali che siano rilevanti per il caso in esame. Tale fattispecie è caratterizzata da assoluta eccezionalità, rappresentata dal fatto che i presupposti normativi sulla base dei quali era stata assunta la decisione di rivalutare i marchi – e conseguentemente cambiarne il criterio di iscrizione in bilancio – sono stati stravolti subito dopo che la rivalutazione era stata effettuata e prima che si producessero gli effetti della stessa (maggiori ammortamenti deducibili). Effetti fiscali che avevano rappresentato la principale ragione di interesse nel dare corso alla rivalutazione.

Riteniamo che tale radicale e improvviso cambiamento normativo rientri tra i casi eccezionali che legittimano il cambiamento dei criteri di valutazione e che pertanto nel bilancio 2021 (per i “solari”) le imprese che scelgono di revocare gli effetti fiscali della rivalutazione possano anche decidere di ritornare, con riferimento ai marchi, al precedente criterio di valutazione, rappresentato dall’iscrizione in bilancio al costo storico, stornando la rivalutazione effettuata.

La situazione di incertezza interpretativa potrebbe essere in corso di risoluzione. La commissione Bilancio del Senato, in sede di esame per la conversione del Dl 4/2022 (Sostegni-ter) ha infatti approvato un emendamento che introduce il comma 624-bis all’articolo 1 della legge 234/2021, il quale prevede che «i soggetti che esercitano la facoltà prevista dal comma 624 del presente articolo possono eliminare dal bilancio gli effetti della rivalutazione effettuata ai sensi dei commi 1 e 2 dell’articolo 110 del decreto-legge 14 agosto 2020 (...). Nelle note al bilancio è fornita adeguata informativa circa gli effetti prodotti dall’esercizio della revoca» (si veda anche Il Sole 24 Ore del 17 marzo). Quando sarà approvato in via definitiva, verrà quindi normata la possibilità di cambiare nuovamente il criterio di valutazione dei marchi adottato nel precedente esercizio.

Gli aggiustamenti richiesti

In base all’Oic 29 gli effetti dei cambiamenti di principi contabili sono determinati retroattivamente. Analoghe regole di determinazione retroattiva degli effetti del cambiamento di un principio contabile sono previste dallo Ias 8 per le società che applicano i principi contabili internazionali.

In particolare, occorre ricordare che:
O a fronte della revoca degli effetti fiscali della rivalutazione l’impresa deve iscrivere un credito tributario pari all’imposta sostitutiva già versata e stornare il debito per quella ancora dovuta, il tutto in contropartita al patrimonio netto;
O il cambiamento del criterio di valutazione, invece, dal punto di vista contabile comporta lo storno dei maggiori valori imputati ai marchi in sede di rivalutazione iscrivendo in contropartita una riduzione del saldo di apertura del patrimonio netto contabile;
O a fini comparativi, inoltre, devono essere rettificati anche i saldi dell’esercizio precedente in cui era stata posta in essere la rivalutazione;
O come anche previsto dall’articolo 2423, comma 2, del Codice civile, infine, in nota integrativa si dovrà motivare la deroga al principio di continuità dei criteri di valutazione e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.

L’ESEMPIO

O Una società ha rivalutato il marchio (precedentemente non iscritto in bilancio) di 1.000 nel bilancio 2020 e decide di revocare gli effetti fiscali e stornare gli effetti contabili di tale rivalutazione.
O Ha pagato 10 di imposta sostitutiva (prima rata) e ha ancora un debito di 20.
ONel bilancio 2021 deve:
1) iscrivere un credito di 10 (recupero di quanto pagato) e stornare il debito di 20, incrementando il patrimonio netto;
2) stornare il marchio per 1.000 a fronte di pari decremento del patrimonio netto (di cui se non utilizzatariserva di rivalutazione per 970)

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