Controlli e liti

Formazione del personale, sentiero stretto per la capitalizzazione dei costi

La sentenza 10271/2022 della Cassazione chiede che le spese siano sostenute in relazione all’avviamento di una nuova società o attività oppure in un processo di riconversione o ristrutturazione industriale

di Stefano Mazzocchi

Con riferimento ai costi di addestramento e di qualificazione del personale e dei lavoratori ad esso assimilabili, l’Oic 24 sancisce la regola generale secondo cui gli stessi devono essere considerati costi di periodo, da iscrivere quindi nel conto economico dell’esercizio in cui sono stati sostenuti.

La deroga

Il medesimo principio contabile ammette tuttavia una deroga a detta regola, prevedendo la loro capitalizzazione soltanto nel caso in cui questi costi possano essere assimilati ai costi di start-up e siano stati sostenuti in relazione all’avviamento di una nuova società o di una nuova attività oppure nell’ambito di un processo di riconversione o ristrutturazione industriale, che risulti da un piano approvato dagli amministratori (o dall’assemblea dei soci).

Ne deriva che la capitalizzazione dei costi sostenuti per la formazione del personale, e la conseguente deducibilità delle relative quote di ammortamento, può dirsi correttamente operata soltanto qualora siano rispettati i requisiti indicati nelle righe che precedono: lo ha ribadito la sezione tributaria della Corte di cassazione con la sentenza 30 novembre 2021, n. 10271, depositata il 31 marzo 2022.

La posizione della Cassazione

Per i giudici di legittimità, ai fini della deducibilità delle quote di ammortamento conseguenti alla capitalizzazione dei costi di addestramento e di riqualificazione del personale, il contribuente non può limitarsi a provare la correlazione tra il costo sostenuto, le singole attività e le utilità determinabili obiettivamente, essendo chiamato a provare la «sussistenza degli stessi presupposti che consentono di derogare alla disciplina contabile generale che impone di considerarli costi di periodo da iscrivere nel conto economico dell’esercizio in cui si sostengono».

Formazione 4.0 e trattamento fiscale

La necessaria riconducibilità – richiesta dall’Oic 24 e ripresa dai giudici di legittimità - tra costi di formazione del personale e costi di start-up, ci permette di svolgere un’ulteriore considerazione, di portata più ampia. Secondo un consolidato orientamento espresso dagli Ermellini, invero, i costi di start-up, considerati straordinari per la loro utilità pluriennale, possono – previo consenso del collegio sindacale – essere iscritti all’attivo anziché essere imputati in conto economico come componenti negativi del reddito di esercizio in cui sono stati sostenuti. Tale possibilità, peraltro, può essere esercitata esclusivamente qualora la società ritenga, sulla base di criteri di discrezionalità tecnica, di poter capitalizzare detti costi (ai sensi dell’articolo 2424, lettera BI1, Codice civile) in vista di un successivo ammortamento pluriennale ai sensi dell’articolo 2426, comma 1, n. 5, del Codice civile. La Suprema Corte ha più volte ricordato che la suddetta valutazione «deve tenere conto del fatto che l’iscrizione di queste spese all’attivo dello stato patrimoniale è consentita dall’utilità pluriennale, di cui siano causa immediata e diretta» (in questo senso si richiamano Cassazione 18 dicembre 2019, n. 33648 e 14 dicembre 2018, n. 32419).Tale sentenza è di particolare importanza perché permette di meglio definire il trattamento fiscale ricollegabile alla “Formazione 4.0” che, al netto dell’eventuale credito d’imposta spettante, costituisce un importante investimento economico-finanziario, a valere per i futuri periodi d’imposta per i dipendenti della società beneficiaria dell’agevolazione di cui prima.

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