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Riforma fiscale, piena tutela al principio del legittimo affidamento

Fino ad ora limitato alla disapplicazione di interessi e sanzioni un’applicazione espansiva del principio potrebbe includere l’inesigibilità del tributo

di Enrico De Mita

La capacità espansiva del principio del legittimo affidamento in termini di tutela piena del contribuente rappresenta un ambito da indagare e risolvere con la riforma, anche al di fuori del procedimento di interpello e oltre la tutela minima data dall’interpretazione letterale dell’articolo 10, comma 2, dello Statuto (disapplicazione di sanzioni e interessi), verso l’inesigibilità tout court del tributo.

Infatti, sinora il principio del legittimo affidamento ha significato esclusione di sanzioni e interessi. Con la riforma la previsione può spingersi sino alla frontiera dell’inesigibilità del tributo. L’autorità amministrativa che fa sorgere, con atti specifici, ragionevoli aspettative in capo all’operatore economico «prudente e accorto», secondo il profilo delineato dalla giurisprudenza unionale, è in grado di incidere sulla debenza del tributo.

L’articolo 4 del disegno di legge delega per la riforma fiscale (AC 1038) indica tra i principi e criteri per la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), in particolare, in primis, il rafforzamento dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi e la valorizzazione del principio del legittimo affidamento del contribuente e del principio di certezza del diritto.

La Cassazione (10982/2009) ha sancito che il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, trovando origine negli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione (espressamente richiamati dallo Statuto), costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto e un limite all’attività legislativa e amministrativa.

Proprio in quanto espressivo di un principio di rango costituzionale, vincola l’interprete, in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione adeguatrice a Costituzione. Tale principio, come evidenziato dalla Corte Costituzionale, deve intendersi quale «elemento fondamentale dello Stato di diritto» (83/2013; 166/2012).

Ribadire che, alla luce dell’articolo 10 dello Statuto, i rapporti fra contribuenti e fisco sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede oggettiva, ha grande importanza non solo nei mutamenti di opinione dell’amministrazione, ma anche nella stessa legislazione.

Nell’ipotesi di mutamento di orientamento ovvero di comportamenti negligenti dell’amministrazione (ritardi, omissioni od errori), non sono irrogate sanzioni amministrative e penali né richiesti interessi moratori al contribuente. In particolari ipotesi di affidamento il principio di buona fede può comportare anche l’inesigibilità del tributo.

Il nodo interpretativo dell’ampiezza della tutela del legittimo affidamento deve essere sciolto dal legislatore e liberato dal conflitto dottrinale e giurisprudenziale, alla luce dei principi unionali di certezza del diritto, prevalenza della sostanza sulla forma e proporzionalità.

Nella delega è più volte ribadito, in modo persuasivo, che il fisco ha l’obbligo di comportarsi con correttezza ed imparzialità (articolo 97 della Costituzione) e che deve essere favorita la collaborazione con i contribuenti.

Nessun contribuente paga imposte che non solo la finanza non pretende con concreti atti di imposizione, ma che dichiara intassabili con qualche circolare. Quando una circolare dichiara dei fatti intassabili, l’obbligo tributario concretamente nasce per gli operatori solo quando l’amministrazione muta indirizzo.

In questi casi la portata della circolare dovrebbe valere solo per il futuro, escludendo espressamente dall’ambito della tassazione i fatti pregressi in capo all’operatore economico e accorto che si sia adeguato in buona fede e con diligenza.

Le circolari italiane, del resto, rendono spesso al contribuente quelle informazioni «precise, incondizionate e concordanti» cui si riferisce la Corte di Giustizia per accordare la tutela piena dell’affidamento ed escludere l’esigibilità del tributo.

Sino ad oggi – pensiamo ai crediti d’imposta ricerca & sviluppo – si è assistito all’indifferenza, per l’amministrazione, dei cambi di orientamento anche in presenza di informazioni assai precise, incondizionate e concordanti.

Questa indifferenza non è tollerabile per l’operatore economico: il mancato riconoscimento della tutela piena dell’affidamento deve aprire all’alternativa dell’azione risarcitoria contro l’amministrazione. Continuare ad affermare che le circolari non vincolano nessuno significa astrarre il rapporto tributario dalla realtà, affermando la prevalenza della forma sulla sostanza, violazione anch’essa dei principi unionali.