Adempimenti

Cinque per mille, cambia l’accreditamento

di Marta Saccaro

Nel pacchetto di riforma del terzo settore, licenziato ieri dal Consiglio dei ministri, anche il decreto legislativo che prevede la revisione dell’istituto del cinque per mille dell’Irpef.

Il cinque per mille

Il meccanismo, introdotto in via sperimentale per l’esercizio finanziario 2006, è stato confermato di anno in anno fino all’esercizio finanziario 2014 ed è stato reso definitivo a partire dall’esercizio 2015 affermandosi nel tempo come fonte di finanziamento di assoluto rilievo per molte organizzazioni non profit.

Il testo varato ieri conferma le tipologie di destinatari del contributo ormai consolidate, demanda a un provvedimento ad hoc il compito di definire le modalità di accreditamento (che sono state da ultimo riviste per effetto del Dpcm 7 luglio 2016) e di riparto ed erogazione del contributo.

Il provvedimento stabilisce il divieto, per i beneficiari del contributo, di utilizzare le somme ricevute per coprire le spese di pubblicità sostenute per campagne di sensibilizzazione sulla destinazione della quota del cinque per mille stesso. Con l’articolo 8 del decreto vengono poi introdotti obblighi di pubblicità delle risorse erogate, attraverso un sistema improntato alla trasparenza, con la previsione delle conseguenze sanzionatorie per il mancato rispetto degli obblighi di pubblicità. Si mantiene, in ogni caso, l’obbligo di predisporre il rendiconto delle somme ricevute con modalità che dovranno, però, essere definite.

I profili fiscali

Quanto invece agli «enti del Terzo Settore» (Ets), definiti nel decreto legislativo di riforma principale (si veda articolo in alto), dall’iscrizione nel Codice del terzo settore – e quindi dall’acquisizione della qualifica di Ets – conseguono una serie di agevolazioni di carattere fiscale analiticamente descritte nel decreto.

Resta fermo che l’iscrizione nel registro unico è una facoltà e non un obbligo: la realtà dei fatti registrerà quindi situazioni diversificate in cui enti con caratteristiche simili avranno un regime diverso a seconda che si qualifichino o meno come Ets.

In ogni caso, il decreto prevede una serie di facilitazioni anche per chi finanzia gli Ets: oltre alla rivisitazione della disciplina delle deduzioni e detrazioni previste per chi effettua donazioni liberali il provvedimento introduce il cosiddetto «social bonus» cioè un credito d’imposta sulle liberalità in denaro in favore degli Ets che hanno presentato un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati agli stessi Ets.

Il provvedimento semplifica le modalità di acquisizione della personalità giuridica e riformula alcune disposizioni “storiche” che riguardano il settore non profit, come la legge sul volontariato (legge 266/1991) o la legge sulle associazioni di promozione sociale (legge 383/2000). Alla rivisitazione della disciplina delle imprese sociali è dedicato un provvedimento apposito, finalizzato al restyling della normativa precedente, dettata dalla legge 155/2006.

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