Contabilità

Conferimenti, azioni emesse dopo 5 anni

di Angelo Busani

Per l’operatore italiano risultano interessanti alcune delle norme che la direttiva riserva all’aumento del capitale sociale della società per azioni. Infatti, dopo aver ribadito diversi principi familiari a chi sfoglia il Codice civile italiano, la direttiva enuncia alcune regole che il Codice civile italiano non contempla.

Ad esempio, all’articolo 70 (che fa il paio con l’articolo 48, per i conferimenti effettuati in sede di atto costitutivo), è prescritto che le azioni emesse come corrispettivo di conferimenti non in contanti, debbano essere interamente liberate entro cinque anni dalla decisione di aumento del capitale. Nel Codice civile italiano è invece sancito il principio di liberazione immediata mentre, all’articolo 72, viene previsto, da un lato che il diritto di opzione possa essere escluso con riguardo agli azionisti titolari di azioni dotate di un limitato diritto di partecipare alla distribuzione di utili, o alla ripartizione del capitale sociale in sede di liquidazione della società e, d’altro lato che, quando il capitale di una società è suddiviso in categorie di azioni dotate di diverso diritto di voto (o di diverso diritto di partecipazione alla distribuzione degli utili, o del patrimonio sociale in sede di liquidazione della società), che il capitale sociale possa essere aumentato mediante emissione di nuove azioni appartenenti a una sola di tali categorie e che agli azionisti delle altre categorie sia concesso di esercitare il diritto di opzione, solo dopo che sia stato esercitato il diritto di opzione da parte degli azionisti titolari di azioni della categoria in cui le nuove azioni sono state emesse.

Per l’esercizio dell’opzione in sede di aumento di capitale, la direttiva concede un termine non inferiore a 14 giorni dalla pubblicazione dell’offerta di sottoscrizione nel registro nazionale di pubblicità degli atti societari (in Italia tale termine è stato abbassato da 30 a 15 giorni). Se poi suona usuale la norma della direttiva che consente all’assemblea di escludere o limitare il diritto di opzione (in tal caso l’organo amministrativo deve presentare in assemblea una relazione scritta che precisi i motivi per limitare o sopprimere il diritto di opzione), solleva interesse l’espressione normativa (articoli 72 e 83) secondo cui l’assemblea deve deliberare l’esclusione o la limitazione del diritto di opzione secondo particolari regole di numero legale e di maggioranza: vale a dire che, anzitutto, tali decisioni devono essere adottate almeno con una maggioranza non inferiore ai due terzi dei voti attribuiti al capitale sottoscritto rappresentato e che, d’altro canto, le legislazioni degli Stati membri possono tuttavia stabilire che la maggioranza semplice dei voti indicati nel primo comma è sufficiente quanto è rappresentata almeno la metà del capitale sottoscritto.

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