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Società tra professionisti, occorre un regime fiscale per agevolare giovani e donne

di Matteo De Lise

Il mondo delle libere professioni impegnato costantemente nella trasmissione bidirezionale tra entità pubblica e contribuente affinché si realizzi l’utopico matching tra esigenze economico tecniche del Paese e risposta normativa, non riesce ad affermare i propri servizi a maggior valore aggiunto. Ne consegue una progressiva riduzione del reddito medio annuo dei professionisti: nel IV rapporto sulle libere professioni in Italia – Anno 2021 - di Confprofessioni si spiega che nel 2019 le Casse di previdenza hanno rilevato un reddito medio annuo di 35.500 euro frutto di una crescita in periodo pre-pandemico ma non sufficiente a riportare i valori a quelli di 37.300 euro del 2010.

La problematica reddituale può esser affrontata da processi di riorganizzazione degli studi professionali che mediante l’aggregazione possano valorizzare adeguatamente multidisciplinarietà e specializzazione. Il Sole 24 Ore nelle scorse settimane ha ospitato un utile confronto sulle società tra professionisti, si vedano le analisi di Maria Carla De Cesari e Andrea Dili del 3 aprile e di Tommaso Nannicini («Professionisti, il doppio integrativo ostacola le Stp»). Strutturando la collaborazione i professionisti possono garantire la stessa risposta alla domanda di servizi complessi che proviene dal mercato, con maggiore efficienza, e al contempo rispondere alla sempre più importante concorrenza esterna al mondo professionale (associazioni di categoria, società di servizi, intermediari vari, e anche internazionale) possibile in assenza di “riserve di legge”.

Il fatto che dai numeri emerga una costante crescita del numero delle società tra professionisti dimostra che nelle libere professioni c’è consapevolezza e volontà di evolvere la propria organizzazione. La marginale significatività del numero complessivo delle Stp (ultima rilevazione: 1.333 al novembre 2021) conclama però la «criticità del quadro normativo che… spesso disincentiva» l’aggregazione dei professionisti.

Tommaso Nannicini si focalizza sui vincoli di natura previdenziale: la duplicazione del contributo previdenziale integrativo sulla medesima prestazione professionale e la disomogenità degli orientamenti delle Casse di previdenza.

Per l’Unione giovani dottori commercialisti esiste anche un problema fiscale. Per questo occorre:

- garantire normativamente una neutralità fiscale in fase di aggregazione, oggi prevista solo per le imprese commerciali, al fine di evitare tassazioni (anche elevate) per operazioni che non sono realizzative;

- garantire normativamente una certezza giuridica al trattamento fiscale (regime di cassa o di competenza economica e di conseguenza l’applicazione della ritenuta d’acconto) dei redditi prodotti dall’aggregazione professionale (in particolare delle Stp) oggi affidata a interpretazioni dell’agenzia delle Entrate;

- uniformare la figura del professionista e delle aggregazioni professionali alle figure imprenditoriali, l’iscrizione al Registro imprese non può essere un discrimine.

In generale è evidente che le disposizioni fiscali disincentivano le aggregazioni professionali, il regime forfettario attuale, ad esempio, incentiva – e non poco – lo svolgimento dell’attività in forma individuale e non in forma aggregata.

Il professionista ricerca l’aggregazione oltre che per comporre qualitativamente al meglio l’offerta sul mercato, anche per condividere costi di struttura. A questo rispondono strumenti formali anche ulteriori rispetto alla Stp: associazioni professionali, contratti di rete, accordi specifici. Partendo dal dato sulle Stp in forma di società di capitali che vedono solo l’11,6% dei loro rappresentanti legali under 40, si potrebbe introdurre uno sgravio contributivo per i dipendenti nei primi tre anni dalla costituzione per le Stp, le associazioni e i contratti di rete con età media dei loro soci e dei legali rappresentanti under 40.

L’incentivazione fiscale potrebbe anche essere leva per la partecipazione femminile alle aggregazioni tra professionisti affinché si possa attuare anche una politica a favore della genitorialità mediata dalla struttura organizzativa.