Imposte

Sanzioni da riequilibrare sulle ritenute omesse

Dubbio di legittimità sulla sproporzione rispetto ai contributi omessi. Il recente cambio di orientamento adottato dall’Inps non risolve il problema derivante dal testo della norma

di Giuseppe Maccarone e Tonino Morina

La sentenza del 13 ottobre scorso, con cui il Tribunale di Verbania ha accolto l’eccezione di incostituzionalità relativa alla norma che sanziona il mancato versamento all’Inps delle ritenute a carico dei lavoratori, riaccende i riflettori su una questione spinosa per via delle numerose ingiunzioni notificate dall’Inps a diversi datori di lavoro.

Si torna a parlare di punibilità della violazione, consistente nell’omissione del versamento di ritenute previdenziali che, inserite in busta paga, sono state trattenute a carico dei lavoratori ma non versate dal datore di lavoro all’Inps, oltre che alla normale scadenza anche trascorsi i tre mesi concessi dall’Inps per regolarizzare la situazione.

Il riferimento normativo che disciplina la sanzionabilità di tale violazione è rinvenibile nell’articolo 3, comma 6, del Dlgs 8/2016. La norma ha, in parte, fatto uscire la violazione dall’ambito penale, ma limitatamente a quelle situazioni in cui l’importo trattenuto non sia superiore a 10mila annui. In tale circostanza si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10mila a 50mila euro. Oltre i 10mila euro resta la punibilità penale, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro.

Le ordinanze ingiunzione emesse dall’Inps hanno evidenziato una forte sproporzione tra le ritenute non versate, o versate in ritardo, e la sanzione applicata, visto che a fronte di irregolarità di poche decine di euro, l’Inps ha chiesto il pagamento di una sanzione di circa 17mila euro. Una situazione che non è sfuggita agli addetti ai lavori e ha spinto Marina Calderone, allora presidente del Cno dei Consulenti del lavoro (oggi ministro del Lavoro) a rivolgere un appello per cambiare la legge (si veda «Il Sole 24 Ore» del 27 maggio 2022).

Accortosi dell’ingiustizia, il ministero del Lavoro è intervenuto, inducendo l’Inps a emanare il messaggio 3516/2022, risultato non molto comprensibile, la cui portata è stata poi chiarita in un intervento sul web dall’avvocato Mirella Mogavero, coordinatore generale dell’avvocatura Inps.

L’intervento dell’istituto ha mitigato la sanzione applicabile, che nell’importo minimo può essere di 5mila euro, lasciando invariata la problematica di fondo, cioè la sproporzione tra illecito e sanzione, principio espresso sempre più di frequente, in modo univoco e consolidato, anche dalla Corte di giustizia Ue (decisioni 8 marzo 2022, C. 205-20 e 3 marzo 2020, C. 482-18).

Su questo punto si innesta la sentenza del Tribunale di Verbania che riconosce l’incostituzionalità della norma nella parte in cui punisce la violazione con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10mila a 50mila euro e trasmette gli atti alla Consulta.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©