Diritto

Il giudice non può diminuire i valori medi nella liquidazione dei compensi dell'avvocato

La Cassazione ha voluto statuire la forza inderogabile dei minimi tariffari in sede di liquidazione giudiziale

di Mirko Martini

Per poter procedere con la liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all'avvocato nel rapporto con il proprio cliente, in caso di mancata determinazione consensuale, come ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, ovvero in caso di liquidazione del compenso del difensore della parte ammessa al beneficio patrocinio a spese dello Stato nella vigenza dell'articolo 4, comma 1, e 12, comma 1, del Dm. n. 55 del 2014, come modificati dal Dm.n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 19 aprile 2023 n. 10438.

La disciplina applicabile
Sul punto è necessario comprendere a livello normativo quale sia la disciplina attuabile.
La normativa applicabile ed in particolare l'intervento normativo di innovazione è stato attuato dal Dm 8 marzo 2018, n. 37, che ha preceduto il recente decreto 13 agosto 2022, n. 147, entrambi modificativi dell'originario impianto del Dm 10 marzo 2014, n. 55.
Ai fini che rilevano, la modifica ha integrato i parametri per la determinazione dei compensi, sia per l'attività giudiziale che per quella stragiudiziale, in relazione agli articoli 4 e 19, precisando che la riduzione, rispetto al valore medio di liquidazione, non può essere superiore alla misura del 50%.
Mentre per l'aumento della liquidazione può essere anche superiore alla percentuale fissata di regola nell'80%, eliminando per il potere di riduzione l'espressione attuativa che aveva appunto giustificato l'interpretazione volta a consentire, sia pure con motivazione, la liquidazione anche al di sotto dei minimi tariffari.

Il caso esaminato
La vicenda tra origine dal rigetto che il Tribunale di Grosseto ha ritenuto concorde sull'opposizione proposta dall'avv. Tizio, Dpr n. 115 del 2002, ex articolo 170 avverso il decreto di liquidazione dei compensi emesso in data 18/2/2020 in favore dell'opponente, ed in relazione ai compensi maturati per la difesa prestata in un procedimento di volontaria giurisdizione svoltosi dinanzi allo stesso Tribunale, in favore di Caio.
Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che il compenso fosse stato liquidato in misura pari ad euro 101,25, per un importo che appariva congruo sottolineando la vincolatività dei parametri di cui al Dm n. 55 del 2014, sia nei valori massimi che in quelli minimi, pur a seguito della novella di cui al Dm n. 37 del 2018.
Pertanto tenuto conto dei valori di cui alla tabella 7 del citato Dm, per l'importo di Euro 405,00, avuto riguardo alla modestia delle questioni trattate ed alla durata del procedimento (definito con decreto resi fuori udienza), era giustificata una riduzione del 62,5%, essendo quindi corretta la liquidazione impugnata, dovendosi infatti procedere ad una ulteriore decurtazione di un terzo, trattandosi di compensi liquidati in favore del difensore di parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Avverso la sentenza emessa all'esito di opposizione Dpr n. 115 del 2002, ex articolo 170 Tizio propone ricorso sulla base di quattro motivi.
Al fine della nostra analisi ci focalizzeremo sul quarto motivo che denuncia la violazione e/o falsa applicazione del Dm n. 55 del 2014, articolo 4, comma 1 come modificato dal Dm n. 37 del 2018 nonché della legge n. 794 del 1942, articolo 24 quanto all'applicazione di una duplice diminuzione e, comunque, all'errata percentuale di diminuzione.

La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con la citata ordinanza del 19 aprile 2023, n. 10438 ha ritenuto fondato il quarto motivo ed ha accolto il ricorso limitatamente ad esso cassando con rinvio per un nuovo esame della decisone impugnata.
In particolare, il Collegio ha affermato con fermezza che per l'inderogabilità dei minimi tariffari in sede di liquidazione giudiziale, ed in assenza di diversa convenzione non appare in alcun modo attinta dalle modifiche apportate al Dm n. 55 del 2014 del recente Dm n. 147 del 2022, che, come si evince anche dal parere reso dal Consiglio di Stato sul relativo schema (affare n. 00183/2022, reso all'esito dell'adunanza del 17 febbraio 2022), ha previsto la soppressione, in tutti i commi in cui ricorrono, delle parole "di regola", e ciò nel dichiarato intento di ridurre il margine di discrezionalità dell'autorità giudiziaria nella liquidazione dei compensi, rendere più omogena l'applicazione dei parametri e garantire maggiore coesione interna alla categoria degli esercenti la professione forense.
In particolare, i giudici di legittimità hanno voluto statuire una forza inderogabile dei minimi tariffari in sede di liquidazione giudiziali.
In conclusione, pertanto, grazie alla modifica del 2018 e le giustificazioni che hanno posto le basi per questi cambiamenti, non rendono più possibile prendere in considerazione oggi giorno un principio, che ancora nel 2022 viene ripetuto in quelle decisioni che affermano la possibilità per il giudice, sia pure con apposita motivazione, di diminuire ulteriormente, rispetto al 50 % prescritto, gli importi da riconoscere all'avvocato.

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