Imposte

Il prelievo sugli extra delle rinnovabili crea disparità tra operatori

di Germana Cassar

Per contenere i costi dell’energia ed evitare l’effetto del caro bolletta la soluzione adottata dal Governo è quella di “prelevare” una parte dei ricavi derivanti dalla vendita sul mercato dell’energia elettrica da impianti da fonti rinnovabili.

Il Decreto sostegni ter, ancora in bozza e in procinto di essere emanato, introduce un prezzo fisso dell’energia stabilendo che se il prezzo di mercato eccede tale soglia la differenza è un “extra profitto” e va versata al Gestore dei servizi energetici (Gse). Tale meccanismo «a due vie sul prezzo dell’energia» trova applicazione per il periodo dal 1° febbraio e fino al 31 dicembre 2022 agli impianti fotovoltaici (con potenza superiore a 20 kW), eolici, idroelettrici e geotermoelettrici soggetti al sistema di incentivazione, rispettivamente, dei cosiddetti «conti energia» e dei Dm 18 dicembre 2008, Dm 6 luglio 2012 e Dm 23 giugno 2016.

Da tale meccanismo è invece esclusa l’energia che viene venduta con contratti conclusi prima della data di entrata in vigore del decreto, a condizione che non siano collegati a prezzi dei mercati spot dell’energia e che non siano stipulati al suddetto prezzo fisso superiore del 10 per cento. Per il calcolo dei presunti “extra-profitti” si prende a riferimento la media dei prezzi zonali orari registrati dalla data di entrata in esercizio dell’impianto fino al 31 dicembre 2020, rivalutati Istat. Se l’impianto è entrato in esercizio prima del 2010, il periodo di riferimento per il calcolo della media è 2010 – 31 dicembre 2021.

La norma non sembra raggiungere lo scopo desiderato di contenere il costo dell’energia. Se è vero che l’aumento del prezzo dell’energia è determinato dall’aumento del prezzo del gas, l’obiettivo dovrebbe essere quello di aumentare la produzione di energia da fonte rinnovabile (che del gas non ha alcun bisogno). Non è chiaro come l’extra prelievo di somme dai produttori di energia da fonte rinnovabile possa risolvere il problema dell’aumento dei prezzi. Peraltro, tagliando fuori l’anno 2021 e lasciando dentro l’anno 2020 la media è sproporzionata. Mentre nel 2021 infatti i prezzi erano elevati, nel 2020 erano ai minimi storici (quasi a zero) a causa del lockdown per l’emergenza pandemica. Irragionevole ed eccessivo pertanto risulta essere lo slalom tra i prezzi per poi fare la media e attestare la soglia più in basso possibile per prelevare maggiori somme dai produttori.

La norma si presta a critiche di irrazionalità e rischia dunque di essere incostituzionale e in violazione della normativa e dei principi euro-unitari di certezza del diritto, del diritto di proprietà e del legittimo affidamento sulla stabilità del regime di incentivazione, attuando una modifica sostanziale delle condizioni normative originarie a cui gli operatori hanno aderito per realizzare impianti da fonti rinnovabili. La misura creerebbe anche una palese disparità di trattamento tra operatori.

Si prospetta una pioggia di contenziosi e le associazioni di categoria hanno già manifestato il proprio dissenso. In un momento in cui il Governo dovrebbe aumentare la produzione da fonti rinnovabili per ridurre il costo dell’energia affrancandolo dal prezzo del gas, la soluzione potrebbe invece essere quella di dirottare tali risorse verso l’aumento di energia da fonti rinnovabili prevedendo l’impegno degli operatori che avrebbero – secondo il Governo - beneficiato di “extra-profitti” di investire con tale scopo.

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