I venti della riforma tributaria spingono verso l’allargamento della flat tax. Il fenomeno a cui assistiamo s’inserisce nell’ormai consolidata tendenza al ridimensionamento del carattere progressivo dell’Irpef. Di questo percorso sono certamente condivisibili gli obiettivi di semplificazione e di riduzione della pressione tributaria, ma non vanno sottovalutate le criticità emerse sotto i profili dell’efficienza, dell’equità e della sostenibilità finanziaria. L’estensione del regime forfettario, che già copre una fascia ampia di lavoratori autonomi e professionisti, potrebbe acuire alcune distorsioni. Anzitutto altera la concorrenza fra soggetti delle stesse categorie che possono o meno usufruire dell’agevolazione; diventa infatti molto difficile poter competere con chi ha un onere fiscale più che dimezzato rispetto a quello ordinario e non deve assoggettare a Iva i corrispettivi della sua attività. Da ciò deriva anche un condizionamento all’esercizio in forma individuale delle professioni e delle piccole imprese: questi contribuenti, per rientrare nelle condizioni previste dalla
flat tax
, elimineranno ogni forma di aggregazione, con il rischio di rendere ancora più inefficiente una struttura produttiva già affetta da uno storico “nanismo”. Andrà poi valutato l’incentivo per le imprese a scegliere il rapporto di collaborazione anziché assumere i dipendenti, incrementando il fenomeno delle “finte partite Iva”, vero flagello soprattutto per i giovani. Questa strada potrebbe portare serie ripercussioni sul volume dei contributi incassati dal sistema di previdenza pubblica, con conseguenze negative sul livello di welfare. La mancata detraibilità dell’Iva sugli acquisti e l’irrilevanza dei costi ai fini della determinazione del reddito rischiano di alimentare l’”evasione di consenso” in un settore già ad alta propensione di non compliance. Sul fronte dell’equità uno dei temi più critici è la forte disparità di trattamento fra un’alta percentuale di contribuenti autonomi e i lavoratori dipendenti, già messi a dura prova dall’aumento dei prezzi. La progressività a cui dovrebbe ispirarsi, secondo il dettato costituzionale, il nostro sistema tributario si è sempre più ridotta alla cerchia dei dipendenti, che generano ormai circa l’85% del reddito soggetto a Irpef. Volendo attenuare gli evidenti problemi di mancanza di equità orizzontale, andrebbero studiati con attenzione gli effetti di un ampliamento della platea dei contribuenti ammessi al regime forfettario con l’inclusione di parte del reddito dei lavoratori dipendenti. In particolare, c’è da chiedersi quanto s’indebolirebbe la capacità redistributiva in un sistema in cui la progressività sarebbe assicurata solo attraverso detrazioni e deduzioni. In un contesto congiunturale e storico in cui le diseguaglianze sociali hanno raggiunto livelli preoccupanti, l’azione dello Stato, attraverso la leva fiscale, non può permettersi di perdere efficacia. Vanno da ultimo considerati gli aspetti relativi alle variazioni di gettito che una flat tax allargata potrebbe comportare. La nostra economia è stata colpita dagli eventi degli ultimi anni (crisi finanziarie, pandemia, eventi bellici), oggi ci troviamo con un imponente debito pubblico e una elevata spesa pubblica da sostenere per non alterare quel minimo livello di welfare necessario per mantenere la coesione sociale. Ipotizzare di incidere in sulle entrate tributarie potrebbe essere un azzardo da scongiurare: dunque, andrebbero approfondite con attenzione le conseguenze dell’annunciata riforma.