Il CommentoImposte

L’indeducibilità Imu dimentica il principio di capacità contributiva

Di nuovo alla Consulta la deducibilità parziale dall’Ires del tributo per le annualità antecedenti al 2022

di Enrico De Mita

La deducibilità dall’Ires dell’Imu pertiene strutturalmente al presupposto delineato normativamente per gli immobili strumentali. Deve essere perciò integrale. Mentre è irragionevole e arbitraria la previsione di un limite di parziale deducibilità, ad tempus (80% per le annualità 2014-2018), come prevista dall’articolo 14, comma 1, del Dlgs 23/11.

Il principio di capacità contributiva non è applicabile a tempo.

Il fumus dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 1, del Dlgs 23/2011, si evince dalla stessa scansione temporale della indeducibilità decrescente o deducibilità crescente sino a pervenire al 100% della deducibilità a partire dal 2022, prevista dalle modifiche alla norma in esame.

La Cgt di primo grado di Genova (ordinanza 1158/22 del 7 dicembre 2022), richiamata la sentenza 262/2020 della Corte (illegittimità della integrale indeducibilità sino al 2013), censura la violazione del parametro costituzionale di capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione).

La questione torna all’esame della Consulta dopo due recenti declaratorie di inammissibilità (163/2019 e 156/22) e dopo la chiara sentenza 262/2020.

La Corte, infatti, ha dichiarato l’illegittimità della norma scrutinata nella parte in cui dispone che, anche per gli immobili strumentali, l’imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi d’impresa, per contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, sotto il profilo della coerenza e quindi della ragionevolezza.

Il presupposto dell’Ires è « reddito complessivo netto » (articolo 75, primo comma, Tuir). Il legislatore non può rendere indeducibile l’Imu sugli immobili strumentali, la quale costituisce un costo fiscale totalmente inerente alla produzione del reddito.

La Corte (262/20) evidenzia che la rottura del vincolo di coerenza interna comporta effetti concreti di distorsione fiscale.

Se la pronuncia del 2020 riguardava l’annualità 2012, risulta chiaro che il medesimo principio deve valere anche per le successive annualità sino al 2021 compreso. Infatti solo dal 2022 il legislatore ha previsto la deducibilità integrale, fornendo più di un argomento, ex latere creditoris, per un non ragionevole ricorso alla propria discrezionalità, con effetti di distorsione fiscale.

Così facendo, tempo per tempo, il legislatore si è avvicinato alla legittimità costituzionale della sua stessa disciplina e dal 2022 l’ha pienamente accolta.

Appare chiaro che, per le annualità precedenti, ha individuato un indice di capacità contributiva riferito ad un presupposto diverso dal reddito netto, giacché l’Ires / Irpef grava, non sul reddito netto, realmente indicativo di capacità contributiva, bensì su di un reddito lordo e fittiziamente attribuito al contribuente.

La mancata deduzione dell’Imu già versata allontana illegittimamente dalla realtà reddituale e si traduce in un incremento irragionevole della base imponibile.

A norma dell’articolo 99, comma 1, del Tuir, in generale, gli oneri fiscali sono deducibili dal reddito nell’esercizio in cui avviene il pagamento.

Il legislatore ex articolo 75, comma 1, del Tuir, individua il presupposto Ires nel « possesso di un reddito complessivo netto » (Cassazione 1290/20).

Come abbiamo già sottolineato, la deducibilità si correla, quindi, all’inerenza del costo. Essa attiene alle finalità intrinseche del prelievo.

L’applicazione del principio di capacità contributiva non può essere sacrificato dalle ragioni di cassa del momento.

La norma è incostituzionale e lo sarà pienamente anche per tutte le annualità dal 2014 al 2021.

Non ci allontaniamo dalla realtà se affermiamo che il legislatore ne è consapevole, non potendo invocare né la discrezionalità né altre ragioni che abbiano pregio giuridico.

(ha collaborato Francesco Cesare Palermo)