Il CommentoImposte

Nft e metaverso in attesa dell’inquadramento Iva

di Fabrizio Cancelliere

Tra le prossime sfide che attendono l’Iva si segnala anche quella di accompagnare l’economia nella nuova e avveniristica fase di transizione digitale verso il web 3.0. Sono infatti sempre più frequenti le richieste di attenzione che arrivano dal metaverso, o più in generale dal web 3.0, inteso come piattaforma online, costruita sulla blockchain, in cui è possibile scambiare Non fungible token (Nft) con criptovalute, per acquisire asset e servizi virtuali. Per citarne alcune, si pensi al working paper 1037/2022 con cui il comitato Iva è di recente tornato a esprimersi sul trattamento Iva di criptovalute e relativi servizi (mining, storage, exchange, modification); alle dichiarazioni della commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager a favore di un’analisi e regolamentazione preventiva del metaverso e della correlata evoluzione digitale, che la Ue non può permettersi di trascurare; o ancora, alla recente posizione della Corte tributaria federale tedesca sul trattamento Iva della locazione di terreni virtuali tra gli utenti avatar del metaverso. Tutti segnali che sottintendono la necessità di potersi confrontare al più presto con una normativa Iva che sia espressamente pensata e tarata su questo nuovo fenomeno, che da un lato sfugge ai canoni classici dell’imposta, in quanto a-territoriale, ma che allo stesso tempo può determinare forme di consumo (seppur virtuale), così integrando il presupposto dell’imposta stessa. La famosa posizione della Corte di giustizia Ue del 2015 sul trattamento Iva delle criptovalute (sentenza 264-14, caso Hedqvist) non basta più da sola ad inquadrare un fenomeno che da allora si è evoluto in maniera esponenziale. A distanza di sette anni (che lungo la linea del tempo digitale scorrono a velocità almeno doppia), si contano ora nuovi strumenti che, per quanto accumunati dalla base tecnologica sottostante (la blockchain), non possono essere più semplicemente associati alle criptovalute: esempi più eclatanti sono gli Nft e, appunto, il metaverso, inteso come spazio virtuale in cui avviene lo scambio tra criptovalute e gli stessi Nft.

In questa fase ancora sperimentale, ed in attesa di un intervento più organico, possono tuttavia correre in aiuto i principi generali che regolano il sistema Iva, cosi come gli specifici percorsi innovativi già sperimentati e implementati in passato, in occasione delle precedenti fasi di rivoluzione digitale, ora assimilati dal sistema. Del resto, secondo alcuni, la blockchain e il correlato spazio virtuale del metaverso non sono altro che la naturale evoluzione di un percorso di digitalizzazione dell’economia iniziato con l’avvento di internet (web 1.0) e proseguito con gli smartphone e le app interattive (web 2.0). Eventi epocali all’arrivo dei quali il legislatore, sia comunitario che nazionale, si è spesso trovato impreparato (non a torto, se si considera che ormai la tecnologia anticipa il diritto), salvo poi rispondere con opportune innovazioni legislative: si pensi, quale esempio emblematico, alle modifiche resesi necessarie per disciplinare il commercio elettronico diretto. È evidente che questi stessi strumenti possono tornare utili anche per inquadrare i nuovi fenomeni economici come la vendita di un utility token, o la creazione di un Nft, ma come detto un sistema di regole organico e tarato sul nuovo mondo sarebbe l’optimum a cui aspirare. La sfida forse più impegnativa resta infatti quella di riuscire a codificare, secondo i canoni Iva, le dinamiche proprie della blockchain e del metaverso, pur rispettandone il paradigma che li caratterizza, cosi disruptive rispetto al passato, in quanto non solo dematerializzato, ma anche decentralizzato e (soprattutto) “de-intermediarizzato”. Questo sforzo normativo servirebbe, ad esempio, a stabilire se la creazione di un Nft o la successiva rivendita configuri un’attività commerciale, dunque rilevante ai fini dell’imposta, e, ancora, se gli Nft siano da inquadrare come beni immateriali o nell’ambito dei servizi elettronici. La ricompensa potrebbe tuttavia rivelarsi quella auspicata dalla stessa commissaria europea citata in premessa: uno stimolo per un miglioramento generale dell’efficienza e credibilità del sistema concorrenziale e dell’organizzazione del mercato, con riflessi anche sul lato fiscale. A ben vedere, infatti, se si riuscisse ad integrare nel nostro quotidiano, in maniera efficiente e trasparente, un sistema tecnologico – qual è quello dalla blockchain e in generale dei registri distribuiti - che fa della immodificabilità dei “blocchi” e delle transazioni il suo punto di forza, il beneficio che se ne potrebbe trarre, in termini di riduzione di contraffazioni e di evasioni, sarebbe a vantaggio di tutti. Se questa sia un’ottimistica aspettativa o un’irrealistica utopia ce lo dirà forse nel breve futuro il mondo della moda, del design e più in generale dell’arte, probabilmente quello che più si sta cimentando con l’inesplorato marketplace di Nft e metaverso.