Imposte

Assonime: i differenziali sui derivati irrilevanti ai fini Iva

L’associazione respinge la posizione assunta dalle Entrate a inizio anno

Nuova bocciatura, da parte di Assonime, sulla posizione assunta dall’agenzia delle Entrate per il trattamento Iva dei contratti derivati. Assonime conferma, con la circolare 6/022, quanto già affermato su queste pagine in commento alla risoluzione 1/E/2022 dell’agenzia delle Entrate, che i differenziali sui derivati non costituiscono mai corrispettivo rilevante ai fini dell’imposta. In quella sede, in riferimento alle somme di denaro da liquidare in esecuzione di contratti derivati legati alla variazione del prezzo dell’energia elettrica, l’Agenzia ha sostenuto che tali differenziali costituirebbero un corrispettivo e sarebbero la base imponibile di un’operazione esente ai fini Iva.

Ebbene, una tale soluzione produrrebbe, secondo Assonime, degli effetti distorsivi con riferimento al diritto alla detrazione del soggetto che riceve le suddette somme, impattando in maniera diversa sul pro-rata a seconda che trattasi di debitore stabilito in Italia o altro Paese Ue, piuttosto che in un Paese terzo, nei cui confronti spetta la non imponibilità in luogo dell’esenzione.

Al di là delle implicazioni collaterali che la posizione delle Entrate genera in termini di detrazione, il punto di maggiore criticità lo si rinviene nell’equiparazione dei contratti derivati ai contratti di «pronti contro termine», essendo la natura e la funzione di questi ultimi quella di finanziamento e, dunque, completamente estranea alla natura e funzione dei contratti derivati di copertura. Questi ultimi non hanno causa creditizia e il differenziale che si manifesta al termine del contratto non può di conseguenza avere natura di interesse, ovvero di corrispettivo di un prestito.

Del resto, nei derivati di copertura, le posizioni di creditore e di debitore non sono stabilite alla stipula del contratto, momento in cui non è noto il segno e l’importo del differenziale che, come sottolinea Assonime, potrebbe anche essere assente. Diversamente, nei contratti di «pronto contro termine», il differenziale costituisce proprio l’interesse dovuto al soggetto finanziatore e ne è noto, sin dall’inizio, l’importo.

Tale diversità tra le due tipologie contrattuali implica che le considerazioni effettuate dal legislatore all’articolo 4 della legge 133/1999, secondo cui, ai fini Iva, le operazioni dipendenti da contratti pronti contro termine si intendono unitariamente come «prestazioni di servizi di finanziamento, aventi per base imponibile la differenza tra il corrispettivo a termine e quello a pronti» non valgono in alcun modo per i contratti derivati.

Invero, se, per esemplificare, consideriamo i contratti di «option», i quali di frequente sono conclusi da soggetti che intendono coprire determinati rischi dietro compenso (il premio), è evidente che sia tale compenso a costituire il corrispettivo dell’operazione rilevante ai fini Iva, e non l’eventuale differenziale collegato all’andamento della quotazione del bene assunto come sottostante del contratto a cui lo stesso soggetto avrebbe diritto. L’alea relativa alla percezione del differenziale è tale da spezzare qualsiasi nesso tra un’ipotetica prestazione di servizio e corrispettivo versato (Cgue, sentenza causa C-432/15). Lo stesso dicasi per i future, caratterizzati da un’alea bilaterale.

Le riflessioni di Assonime riguardo ai derivati di copertura si ritengono valide anche in riferimento ai derivati speculativi.

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